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Le Vite - Fondazione Memofonte

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trovar modo a poterlo talmente distendere sopra il gesso, che il legno od altro ascostovi sotto<br />

paresse tutto una massa d’oro. Il che si fa in questa manie[I. 57]ra: ingessasi il legno con gesso<br />

sottilissimo impastato con la colla più tosto dolce che cruda, e vi si dà sopra grosso più mani,<br />

secondo che il legno è lavorato bene o male; inoltre, raso il gesso e pulito, con la chiara dell’uovo<br />

schietta sbattuta sottilmente con l’acqua dentrovi, si tempera il bolo armeno macinato ad acqua<br />

sottilissimamente, e si fa il primo acquidoso, o vogliamo dirlo liquido e chiaro, e l’altro appresso<br />

più corpulento. Poi si dà con esso almanco tre volte sopra il lavoro, sino che e’ lo pigli per tutto<br />

bene; e bagnando di mano in mano con un pennello con acqua pura dove è dato il bolo, vi si mette<br />

su l’oro in foglia, il quale sùbito si appicca a quel molle; e quando egli è soppasso, non secco, si<br />

brunisce con una zanna di cane o di lupo, sinché e’ diventi lustrante e bello.<br />

Dorasi ancora in un’altra maniera che si chiama a mordente, il che si adopera ad ogni sorte di cose -<br />

pietre, legni, tele, metalli d’ogni spezie, drappi e corami - e non si brunisce come quel primo.<br />

Questo mordente, che è la maestra che lo tiene, si fa di colori seccaticci a olio di varie sorti e di olio<br />

cotto con la vernice dentrovi, e dassi in sul legno che ha avuto prima due mani di colla. E poi che il<br />

mordente è dato così, non mentre che egli è fresco ma mez[z]o secco, vi si mette su l’oro in foglie.<br />

Il medesimo si può fare ancora con l’orminiaco, quando s’ha fretta, attesoché mentre si dà è buono;<br />

e questo serve più a fare selle, arabeschi et altri ornamenti che ad altro. Si macina ancora di questi<br />

fogli in una tazza di vetro con un poco di mèle e di gomma, che serve ai miniatori et a infiniti che<br />

col pennello si dilettano fare proffili e sottilissimi lumi nelle pitture. E tutti questi sono bellissimi<br />

segreti, ma per la copia di essi non se ne tiene molto conto.<br />

Cap. XXIX<br />

Del musaico de’ vetri, et a quello che si conosce il buono e lodato.<br />

Essendosi assai largamente detto di sopra nel VI capitolo che cosa sia il musaico e come e’ si<br />

faccia, continuandone qui quel tanto che è propio della pittura, diciamo che egli è maestria<br />

veramente grandissima condurre i suoi pezzi cotanto uniti che egli apparisca di lontano per onorata<br />

pittura e bella, attesoché in questa spezie di lavoro bisogna e pratica e giudizio grande con una<br />

profondissima intelligenza nell’arte del disegno; perché chi offusca ne’ disegni il musaico con la<br />

copia et abbondanza delle troppe figure nelle istorie e con le molte minuterie de’ pezzi, le confonde.<br />

E però bisogna che il disegno de’ cartoni che per esso si fanno sia aperto, largo, facile, chiaro e di<br />

bontà e bella maniera continuato. E chi intende nel disegno la forza degli sbattimenti e del dare<br />

pochi lumi et assai scuri, con fare in quegli certe piazze o campi, costui sopra d’ogni altro lo farà<br />

bello e bene ordinato.<br />

Vuole avere il musaico lodato chiarezza in sé con certa unita scurità verso l’ombre, e vuole essere<br />

fatto con grandissima discrezione, lontano dall’occhio, a ciò che lo stimi pittura e non tarsia<br />

commessa. Laonde i musaici che aranno queste parti saranno buoni e lodati da ciascheduno. E certo<br />

è che il musaico è la più durabile pittura che sia, imperò che l’altra col tempo si spegne e questa<br />

nello stare fatta di continuo s’accende, et inoltre la pittura manca e si consuma per se medesima,<br />

ove il musaico per la sua lunghissima vita si può quasi chiamare eterno. Per lo che scorgiamo noi in<br />

esso non solo la per[I. 58]fezione de’ maestri vecchi, ma quella ancora degli antichi mediante quelle<br />

opere che oggi si riconoscono dell’età loro; come nel tempio di Bacco a S. Agnesa fuor di Roma,<br />

dove è benissimo condotto tutto quello che vi è lavorato; similmente a Ravenna n’è del vecchio<br />

bellissimo in più luoghi, et a Vinezia in San Marco, a Pisa nel Duomo, et a Fiorenza in San<br />

Giovanni la tribuna; ma il più bello di tutti è quello di Giotto nella nave del portico di San Piero di<br />

Roma, perché veramente in quel genere è cosa miracolosa; e ne’ moderni, quello di Domenico del<br />

Ghirlandaio sopra la porta di fuori di Santa Maria del Fiore che va alla Nunziata.<br />

Preparansi adunque i pezzi da farlo in questa maniera: quando le fornaci de’ vetri sono disposte e le<br />

padelle piene di vetro, se li vanno dando i colori, a ciascuna padella il suo, avvertendo sempre che<br />

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