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Le Vite - Fondazione Memofonte

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quelle impressioni che nell’aria si fanno, fra le quali per la prima si vedeva Iride, tenuta dagl’antichi<br />

per messaggera degli Dei, e di Taumante e di Electra figliuola, tutta snella e disciolta, e con rosse e<br />

gialle et azurre e verdi vesti (il baleno arco significando) vestita, e con due ali di sparviere, che la<br />

sua velocità dimostravano, in testa. Veniva con lei accompagnata poi, di rosso abito e di<br />

rosseggiante e sparsa chioma, la Cometa, che, sotto figura di giovane donna, una grande e lucida<br />

stella in fronte aveva; e con loro la Serenità, la quale in virginal sembianza pareva che turchino il<br />

volto e turchina tutta la larga e spaziosa veste avesse, non senza una bianca colomba, perché l’aria<br />

significasse, anch’ella in testa. Ma la Neve e la Nebbia pareva che dopo costoro accoppiate insieme<br />

si fussero, vestita quella di leonati drappi, sopra cui molti tronchi d’alberi tutti di neve aspersi di<br />

posarsi sembravano, e questa, quasi che nessuna forma avesse, si vedeva come in figura d’una<br />

grande e bianca massa camminare; avendo con loro la verde Rugiada, di tal colore figurata per le<br />

verdi erbe in cui vedere comunemente si suole, che una ritonda luna in testa aveva, significante che<br />

nel tempo della sua pienezza è massimamente la Rugiada solita dal cielo sopra le verdi erbe cascare.<br />

Seguitava la Pioggia poi di bianco abito, benché alquanto torbidiccio, vestita, sopra il cui capo, per<br />

le sette Pleiadi, sette parte splendide e parte abbacinate stelle ghirlanda facevano; sì come le<br />

diciassette, che nel petto gli [II. 969] fiammeggiavano, pareva che denotar volessero il segno del<br />

piovoso Orione. Seguitavano similmente tre Vergini di diversa età, di bianchi drappi adorne e<br />

d’oliva inghirlandate anch’elle, figurando con esse i tre ordini di vergini che, correndo, solevano<br />

gl’antichi giuochi di Iunone rappresentare; avendo per ultimo in lor compagnia la Dea Populonia, in<br />

matronale e ricco abito, con una ghirlanda di melagrano e di melissa in testa e con una piccola<br />

mensa in mano, da cui tutta la prescritta aerea torma si vedeva leggiadramente chiudere.<br />

CARRO TREDICESIMO DI NETTUNNO<br />

Ma capriccioso e bizarro e bello sopra tutti gl’altri apparse poi il tredicesimo carro di Nettunno,<br />

essendo di un grandissimo granchio, che grancevalo sogliono i Veneziani chiamare e che in su<br />

quattro gran delfini si posava, composto, et avendo intorno alla base, che uno scoglio naturale e<br />

vero sembrava, una infinità di marine conche e di spugne e di coralli che ornatissimo e vaghissimo<br />

lo rendevano, et essendo da due marini cavalli tirato; sopra cui Nettunno nel modo solito e col solito<br />

tridente stando, si vedeva in forma di bianchissima e tutta spumosa Ninfa la moglie Salacia a’ piedi<br />

e come per compagna avere. Ma innanzi al carro si vedeva camminar poi il vecchio e barbuto<br />

Glauco, tutto bagnato e tutto di marina alga e di muschio pieno, la cui persona pareva dal mez[z]o<br />

in giù che forma di notante pesce avesse, aggirandosegli intorno molti degl’alcionî uccelli; e con lui<br />

si vedeva il vario et ingannevole Proteo, vecchio e pien d’alga e tutto bagnato anch’egli; e con loro<br />

il fiero Forci, di reale e turchina benda il capo cinto, e con barba e capelli oltre a modo lunghi e<br />

distesi, portando per segno dell’imperio che avuto aveva le famose colonne d’Ercole in mano.<br />

Seguivano poi con le solite code e con le sonanti buccine due Tritoni, co’ quali pareva che il<br />

vecchio Eolo, tenente anch’egli in mano una vela et un reale scettro et avendo un’accesa fiamma di<br />

foco in testa, accompagnato si fusse, essendo da quattro de’ principali suoi Venti seguitato: dal<br />

giovane Zefiro cioè, con la chioma e con le variate ali di diversi fioretti adorne, e dal nero e caldo<br />

Euro, che un lucido sole in testa avea, e dal freddo e nevoso Borea, et ultimamente dal molle e<br />

nubiloso e fiero Austro, tutti, secondo che dipigner si sogliono, con le gonfianti guancie e con le<br />

solite veloci e grand’ali figurati. Ma i due giganti Oto et Efialte, di Nettunno figliuoli, si vedevano<br />

convenientemente dopo costor venire, tutti, per memoria dell’esser stati da Apollo e da Diana<br />

uccisi, di diverse frecce feriti e trapassati. E con loro con non men convenienza si vedevan venire<br />

similmente due Arpie, con l’usata faccia di donzella e con l’usate rapaci branche e con l’usato<br />

bruttissimo ventre. Vedevasi similmente l’egiziano Dio Canopo, per memoria dell’antica astuzia<br />

usata dal sacerdote contro a’ Caldei, tutto corto e ritondo e grosso figurato; e si vedevan gl’alati e

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