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Le Vite - Fondazione Memofonte

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graziosissimo Raffaello da Urbino. E Giuliano, passati due anni, fu in modo stretto da quel suo male<br />

che si morì d’anni 74, l’anno 1517, lasciando il nome al mondo, il corpo alla terra e l’animo a Dio.<br />

Lasciò nella sua partita dolentissimo Antonio, che teneramente l’amava, et un suo figliuolo<br />

nominato Francesco che attendeva alla scultura, ancora fusse d’assai tenera età. Questo Francesco,<br />

il quale ha salvato insino a oggi tutte le cose de’ suoi vecchi e l’ha in venerazione, oltre a molte<br />

altre opere fatte in Fiorenza et altrove di scultura e d’architettura, è di sua mano in Orsanmichele la<br />

Madonna che vi è di marmo col Figliuolo in collo et in grembo a Santa Anna; la quale opera, che è<br />

di figure tonde et in un sasso solo, fu ed è tenuta bell’opera. Ha fatto similmente la sepoltura che<br />

papa Clemente fece fare a Monte Cassino di Piero de’ Medici, et altre opere, molte delle quali non<br />

si fa menzione per essere el detto Francesco vivo. Antonio dopo la morte di Giuliano, come quello<br />

che malvolentieri si stava, fece due Crucifissi grandi di legno, l’uno de’ quali fu mandato in<br />

Ispagna, e l’altro fu da Domenico Buoninsegni, per ordine del cardinale Giulio de’ Medici<br />

vicecancelliere, portato in Francia. Avendosi poi a fare la fortezza di Livorno, vi fu mandato dal<br />

cardinale de’ Medici Antonio a farne il disegno; il che egli fece, se bene non fu poi messo<br />

interamente in opera, né in quel modo che Antonio l’aveva disegnato. Dopo, deliberando gl’uomini<br />

di Monte Pulciano, per i miracoli fatti da una imagine di Nostra Donna, di fare un tempio di<br />

grandissima spesa, Antonio fece il modello e ne divenne capo; onde due volte l’anno visitava quella<br />

fabbrica, la quale oggi si vede condotta a l’ultima perfezzione, che fu nel vero di bellissimo<br />

componimento e vario dall’ingegno d’Antonio con somma grazia condotta, e tutte le pietre sono di<br />

certi sassi che tirano al bianco in modo di tivertini; la quale opra è fuor della Porta di San Biagio a<br />

man destra e a mezzo la salita del poggio. In questo tempo ancora diede principio al palazzo<br />

d’Antonio di Monte, cardinale di [II. 63] Santa Prassedia, nel castello del Monte Sansavino; e un<br />

altro per il medesimo ne fece a Monte Pulciano, cosa di bonissima grazia lavorato e finito. Fece<br />

l’ordine della banda delle case de’ Frati de’ Servi su la piazza loro, secondo l’ordine della loggia<br />

degli Innocenti. Et in Arezzo fece i modelli delle navate della Nostra Donna delle Lagrime, che fu<br />

molto male intesa, perché scompagna con la fabbrica prima, e gli archi delle teste non tornano in<br />

mezzo; similmente fece un modello della Madonna di Cortona, il quale non penso che si mettesse in<br />

opera. Fu adoprato nello assedio per le fortificazione e bastioni dentro alla città, et ebbe a cotale<br />

impresa per compagnia Francesco suo nipote. Dopo, essendo stato messo in opera il Gigante di<br />

piazza di mano di Michelagnolo al tempo di Giuliano fratello di esso Antonio, e dovendovisi<br />

condurre quel[l’] altro che aveva fatto Baccio Bandinelli, fu data la cura ad Antonio di condurvelo a<br />

salvamento; et egli, tolto in sua compagnia Baccio d’Agnolo, con ingegni molto gagliardi lo<br />

condusse e posò salvo in su quella base che a questo effetto si era ordinata. In ultimo, essendo egli<br />

già vecchio divenuto, non si dilettava d’altro che dell’agricoltura, nella quale era intelligentissimo.<br />

Laonde, quando più non poteva per la vecchiaia patire gli incomodi del mondo, l’anno 1534 rese<br />

l’anima a Dio, et insieme con Giuliano suo fratello nella chiesa di Santa Maria Novella, nella<br />

sepoltura de’ Giamberti, gli fu dato riposo.<br />

<strong>Le</strong> opere maravigliose di questi duoi fratelli faranno fede al mondo dello ingegno mirabile che egli<br />

ebbono, e della vita e costumi onorati e delle azzioni loro, avute in pregio da tutto il mondo.<br />

Lasciarono Giuliano et Antonio ereditaria l’arte dell’architettura dei modi dell’architetture toscane<br />

con miglior forma che gli altri fatto non avevano, e l’ordine dorico con miglior’ misure e<br />

proporzione che alla vitruviana opinione e regola prima non s’era usato di fare. Condussero in<br />

Fiorenza nelle lor case una infinità di cose antiche di marmo bellissime, che non meno onorano et<br />

ornano Fiorenza ch’eglino ornassero sé et onorassero l’arte. Portò Giuliano da Roma il gettare le<br />

volte di materie che venissero intagliate, come in casa sua ne fa fede una camera, et al Poggio a<br />

Caiano nella sala grande la volta che vi si vede ora. Onde obligo si debbe avere alle fatiche sue,<br />

avendo fortificato il dominio fiorentino et ornata la città, e per tanti paesi dove lavorarono dato<br />

nome a Fiorenza et agli ingegni toscani, che per onorata memoria hanno fatto loro questi versi:<br />

CEDITE ROMANI STRUCTORES, CEDITE GRAI,<br />

ARTIS VITRUVI TU QUOQUE CEDE PARENS.

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