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Le Vite - Fondazione Memofonte

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CARRO DICIASSETTESIMO DI CIBELE<br />

Ma la grande madre degli Dei Cibele, di torri intornata, e perciò che della terra Dea è tenuta, con<br />

una veste di variate piante contesta e con uno scettro in mano, sedente sur un quadrato carro pieno,<br />

oltre alla sua, da molte altre vacue sedi, e da due gran leoni tirato, si vedeva dopo costor venire,<br />

avendo per ornamento del carro dipinto con bellissimo disegno quattro delle sue istorie. Per la<br />

prima delle quali si vedeva quando da Pesinunte a Roma condotta, incalmandosi la nave che la<br />

portava nel Tevere, era dalla vestal Claudia col solo suo e semplice cignimento, e con singolar<br />

meraviglia de’ circunstanti, miracolosamente alla riva tirata; sì come per la seconda si vedeva essere<br />

di comandamento de’ sacerdoti suoi condotta in casa di Scipion Nasica, giudicato per lo migliore e<br />

più santo uomo che allora in Roma si ritrovasse; e come per la terza si vedeva similmente essere in<br />

Frigia dalla Dea Cerere visitata, poi che in Sicilia aver sicuramente nascosto la figliuola Proserpina<br />

si credea; veggendosi per la quarta ed ultima, fuggendo (come i poeti raccontano) in Egitto il furor<br />

de’ Giganti, essere in una merla a convertirsi costretta. Ma a piè del carro si vedevan cavalcar poi<br />

secondo l’uso antico armati diece Coribanti, che varii e stravaganti atteggiamenti di persona e di<br />

testa facevano; dopo i quali, con i lor romani abiti [II. 973] si vedeano venire due romane matrone,<br />

con il capo da un giallo velo coperte, e con loro il prescritto Scipion Nasica e la prescritta vergine e<br />

vestal Claudia, che un quadro e bianco e d’ogn’intorno listato panno, che sotto la gola s’affibiava,<br />

in testa aveva. Veggendosi per ultimo, acciò che graziosamente la piccola squadra chiudesse, con<br />

gran leggiadria venire il giovane e bellissimo Atis, da Cibele (secondo che si legge)<br />

ardentissimamente amato, il quale oltre alle ricche e snelle e leggiadre vesti di cacciatore, si vedeva<br />

da un bellissimo et aurato collare esser reso molto graziosamente adorno.<br />

CARRO DICIOTTESIMO DI DIANA<br />

Ma nel diciottesimo oltre modo vistoso carro, da due bianchi cervi tirato, si vide venire con l’aurato<br />

arco e con l’aurata faretra la cacciatrice Diana, che su due altri cervi, che con le groppe molto<br />

capricciosamente quasi sede le facevano, di sedere con infinita vaghez[z]a e leggiadria faceva<br />

sembiante, essendo il restante del carro reso poi da nove delle sue piacevolissime favole<br />

stranamente e grazioso e vago et adorno. Per la prima delle quali si vedeva quando mossa a pietà<br />

della fuggente Aretusa, che dall’innamorato Alfeo seguitar si vedeva, era da lei in fonte convertita;<br />

sì come per la seconda si vedeva pregare Esculapio che volesse ritornargli in vita il morto ed<br />

innocente Ippolito; il che conseguito, si vedeva nella terza poi destinarlo custode in Aricia del<br />

tempio e del suo sagrato bosco; ma per la quarta si vedeva scacciare dalle pure acque, ove ella con<br />

l’altre vergini Ninfe si bagnava, la da Giove violata Cinzia; e per la quinta si vedeva l’inganno da<br />

lei usato al soprascritto Alfeo, quando, temerariamente cercando di conseguirla per moglie,<br />

condottolo a certo suo ballo et ivi in compagnia del l’altre Ninfe imbrattatasi di fango il volto, lo<br />

costrinse, non potendo in quella guisa riconoscerla, tutto scornato e deriso a partirsi; vedevasi per la<br />

sesta poi, in compagnia del fratello Apollo, gastigando la superba Niobe, uccider lei con tutti i<br />

figliuoli suoi; e si vedeva per la settima mandare il grandissimo e selvaggio porco nella selva<br />

Calidonia, che tutta l’Etolia guastava, da giusto e legittimo sdegno contro a que’ popoli mossa per<br />

gl’intermessi suoi sagrifizii; sì come per l’ottava, non meno sdegnosamente si vedeva convertire il<br />

misero Ateone in cervo; e come nella nona ed ultima per il contrario, da pietà tratta, si vedeva<br />

convertire la piangente Egeria, per la morte del marito Numa Pompilio, in fonte. Ma a piè del carro<br />

in leggiadro e vago e disciolto e snello abito di pelli di diversi animali quasi da loro uccisi<br />

composto, si vedevan poi con gl’archi e con le faretre otto delle sue cacciatrici Ninfe venire; e con<br />

loro senza più, e che la piccolissima ma graziosa squadra chiudeva, il giovane Virbio di punteggiata

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