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Le Vite - Fondazione Memofonte

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donzelle (ché in quel tempo si teneva che Crotone, terra di Calavria, avesse la più bella gioventù<br />

dell’uno e dell’altro sesso che al mondo si trovasse), di che egli fu tantosto compiaciuto; delle quali<br />

egli elesse cinque le più belle, i nomi delle quali non furono poi taciuti da’ poeti come di tutte le<br />

altre bellissime, essendo state giudicate cotali da chi ne poteva e sapeva meglio di tutti gli altri<br />

uomini giudicare; e delle più belle membra di ciascuna ne formò una figura bellissima, la quale<br />

Elena volle che fosse, togliendo da ciascuna quello che in lei giudicò perfettissimo. Dipinse inoltre<br />

di bianco solamente alcune altre figure molto celebrate.<br />

Alla medesima età et a lui nell’arte concorrenti furono Timante, Androcide, Eupompo e Parrasio,<br />

con cui (Parrasio dico) si dice Zeusi avere combattuto nell’arte in questo modo, che, mettendo fuori<br />

Zeusi uve dipinte con sì bell’arte che gli uccegli a quelle volavano, Parrasio messe innanzi un velo<br />

sì sottilmente in una tavola dipinto come se egli ne coprisse una dipintura, che credendolo Zeusi<br />

vero, non senza qualche tema d’esser vinto chiese che, levato quel velo, una volta si scoprisse la<br />

figura; et accorgendosi dello inganno non senza riso dello avversario, si rese per vinto confessando<br />

di buona coscienza la perdita sua, conciosiaché egli avesse ingannato gli uccegli e Parrasio sé, così<br />

buon maestro. Dicesi il medesimo Zeusi aver dipinto un fanciullo il quale portava uve, alle quali<br />

volando gli augelli seco stesso s’adirava, parendogli non aver dato a cotale figura intera perfez[II.<br />

VIII]zione, dicendo: “Se il fanciullo così bene fusse ritratto come l’uve sono, gli augelli dovrebbono<br />

pur temerne”. Mantennesi in Roma lungo tempo nella loggia di Filippo una Elena e nel tempio della<br />

Concordia un Marsia legato, di mano del medesimo Zeusi.<br />

Parrasio, come noi abbiamo detto, fiorì in questa medesima età e fu di Efeso città di Asia, il quale in<br />

molte cose accrebbe e nobilitò la pittura. Egli primo diede intera proporzione alle figure, egli primo<br />

con nuova sottigliezza e vivacità ritrasse i volti e dette una certa leggiadria ai capegli e grazia<br />

infinita e mai non più vista alle facce, et a giudizio d’ogni uomo aùllui si concesse la gloria del bene<br />

et interamente finire e nelli ultimi termini far perfette le sue figure, perciò che in cotale arte questo<br />

si tiene che sia la eccellenza. Dipignere bene i corpi et il mezzo delle cose è bene assai, ma dove<br />

molti sono stati lodati; terminare e finir bene e con certa maestria rinchiudere drento a se stessa una<br />

figura, questo è rado e pochi si sono trovati li quali in ciò sieno stati da commendare, perciò che<br />

l’ultimo d’una figura debbe chiudere se stesso talmente che ella spicchi dal luogo dove ella è<br />

dipinta, e prometta molto più di quello che nel vero ella ha e che si vede; e cotale onore li diedero<br />

Antigono e Senocrate, i quali di cotale arte e delle opere della pittura ampiamente trattarono, non<br />

pure lodando ciò in lui e molte altre cose, ma ancora celebrandonelo oltre a modo. Rimasero di lui e<br />

di suo stile in carte et in tavole alcune adombrate figure, con le quali non poco si avanzarono poscia<br />

molti di cotale arte. Egli, come poco fa dicemo, fu tale nel bene et interamente finire l’opere sue,<br />

che paragonato a se stesso, nel mezzo di loro apparisce molto minore. Dipinse con bellissima<br />

invenzione il genio e, come sarebbe a dire, sotto una figura stessa la natura del popolo ateniese<br />

quale ella era, dove in un subietto medesimo volle che apparisse il vario, l’iracondo, il placabile, il<br />

clemente, il misericordioso, il superbo, il pomposo, l’umile, il feroce, il timido e ‘l fugace, che tale<br />

era la condizione e natura di quel popolo. Fu molto lodato di lui un capitano di nave armato di<br />

corazza, et in una tavola che era a Rodi Meleagro, Ercole e Perseo, la quale abronzata tre volte dalla<br />

saetta e non iscolorita, accresceva la maraviglia. Dipinse ancora uno Archigallo, della quale figura<br />

fu tanto vago Tiberio imperadore che per poterla vagheggiare a suo diletto se la fece appiccare in<br />

camera. Videsi di lui ancora una balia di Creti col bambino in braccio, figura molto celebrata, e<br />

Flisco e Bacco con la Virtù appresso e due vezzosissimi fanciullini ne’ quali si scorgeva chiara la<br />

semplicità della età e quella vita senza pensiero alcuno. Dipinse inoltre un sacerdote sacrificante<br />

con un fanciullo appresso, ministro del sacrificio con la grillanda e con l’incenso. Ebbero gran fama<br />

due figure di lui armate, l’una che in battaglia correndo pareva che sudasse, e l’altra che per<br />

stanchezza ponendo giù l’arme pareva che ansasse. Fu lodata anco di questo artefice medesimo una<br />

tavola dove era Enea, Castore e Polluce, e simigliantemente un’altra dove era Telefo, Achille,<br />

Agamennone et Ulisse. Valse ancora molto nel ben parlare, ma fu superbo oltre a misura lodando se<br />

stesso arrogantemente e l’arte sua, chiamandosi per sopranome or Grazioso et ora con cotali altri<br />

nomi dichiaran[II. IX]te lui essere il primo e convenirsegli il pregio di quell’arte e d’averla condotta<br />

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