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Tovazzi diario 3 1785-1791

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e Felice Cristoforo Conte di Arsio arciprete di Calavino; il Conte Matteo di Thunn fratello del<br />

vescovo, un di lui nipote Conte di Spaur, il consigliere Giuseppe Festi, ed altri simili. Che<br />

prodezze!<br />

21 giugno 1790<br />

Li 21, lunedì sono andato solennemente nel castello di Trento li due magistrati vecchio, e<br />

nuovo, il primo per finire, ed il secondo per cominciare, e per ricevere l'approvazione dal<br />

Consilio aulico.<br />

In quest'anno i cavalieri, o sia bachi da seta presso li trentini sono stati pochi, ed hanno fatto<br />

poco. Quindi è rimasta indietro 234 molta foglia. In fine vendevasi anche per due soli troni al<br />

sacco. Il cavaliere Zambelli ha patito molto, essendogli avanzati circa 9.000 sacchi di foglia,<br />

giacché costumò di aspettare a venderla molto cara nel tempo della caristia. Dunque nell'anno<br />

corrente scapita per lo meno 9.000 fiorini. Negli anni di caristia l'avrà venduta anche dodici,<br />

quindici Lire il sacco.<br />

Sono passati per Trento de' corrieri verso Vienna colla notizia di nuovi torbidi accaduti nella<br />

Toscana. Sono pure passati per Trento de' carretti a due ruote carichi di casse piene di danaro<br />

tolto nella detta Toscana, e diretto a Vienna.<br />

22 giugno 1790<br />

Li 22 leggo in data di Vienna, che attesa la soverchia siccità là si prova una grande carestia di<br />

foraggi, massime presso le armate in Boemia, cosicché in Vienna il butirro, che pagavasi 20<br />

carantani la libbra, ora dee pagarsi 36, e nella Moravia eziandio un fiorino. Leggo, che ai dieci<br />

del corrente in Buda fu aperta la Dieta generale dell'Ungheria. Che il card. arcivescovo Migazzi<br />

ha spedito a tutte le sagristie di Vienna un decreto (a forma della legge, che sussiste)<br />

manoscritto, che proibisce assolutamente agli ecclesiastici di qualunque rango il celebrare con<br />

abito non tutto nero; il portar fuori di chiesa calze di colore, cappello tondo, goletto bianco,<br />

sotto pena irremissibile della carcere ai diocesani, e d'essere cacciati da Vienna li forastieri. Per<br />

tal decreto ebbe il permesso dal re. In data poi di Parigi 7 giugno v'ha una lettera delle monache<br />

di Santa Chiara di Amiens diretta all'assemblea nazionale degna d'essere conservata. Dice così:<br />

Nostri Signori.<br />

Il vostro decreto, in cui obbligate tutte le comunità religiose a dare la dichiarazione de' loro<br />

beni, è stato a noi significato del pari, che alle case dotate di rendite. Noi povere figlie di Santa<br />

Chiara della città di Amiens, ci diamo l'onore di esporvi, che non abbiamo assolutamente altra<br />

rendita per vivere, che quella della carità libera de' fedeli. Nello spazio di 345 anni, che sussiste<br />

il nostro monastero, la divina Provvidenza ha sempre provveduto ai nostri bisogni secondo<br />

l'austerità della nostra vita, e la semplicità del nostro stato. Lo zelo delle vecchie del nostro<br />

monastero ha fatto loro costantemente ricusare tutt'i Legati pii, che sono stati ad esse offerti. Tra<br />

quei, che avevano intenzione di dotarci, uno de' più fervorosi era il sig. de Blanc tanto rinomato<br />

nell'azienda de' biglietti del Banco. Avendo egli una sorella nella nostra casa, voleva acquistare<br />

la terra di Alonville vicino ad Amiens, e farcene un fondo. Ma trovò egli tanti ostacoli per parte<br />

della sua sorella, e di tutta la comunità, che non venne a capo di eseguire sì fatto disegno. Non<br />

potendo per altro vincere la loro delicatezza di coscienza su tal punto, volle almeno gratificarle<br />

con una somma di cento mila scudi. Questo denaro venne di fatto per la ruota introdotto nella<br />

nostra casa; ma non servì ad altro, che per farlo nuovamente ritornare fuori, e distribuirlo a'<br />

poveri di tutte le parrocchie della città, senza che il monastero ne abbia profittato di un soldo.<br />

Tali si erano le generose disposizioni delle nostre vecchie riguardo all'osservanza della loro<br />

Regola, e per la Dio mercé tali sono eziandio le nostre, di modo che non ci potrebbe recar<br />

maggior afflizione di quella di volerci molestare su tal punto de' nostri doveri, de' quali siamo sì<br />

gelose. Ci facciamo dunque coraggio, in numero di trentacinque che siamo, di umilmente<br />

presentarci dinanzi all'augusta assemblea nazionale del regno Cristianissimo per supplicarla in<br />

nome di Dio, non già di darci fondi, o rendite, ma di lasciarci tranquillamente nel santo, e<br />

234 *Avanzata.

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