DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista
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E se tu mi dimandassi: — A che si può cognoscere che sia piú dal dimonio che da te? — io<br />
ti rispondo che questo è il segno: che se ella è dal dimonio, che egli sia venuto nella mente a visitare<br />
in forma di luce, come decto è, l'anima riceve subbito nel suo venire allegrezza; e quanto piú sta,<br />
piú perde l'allegrezza e rimane tedio e tenebre e stimolo nella mente, (137) obfuscandovisi dentro.<br />
Ma se in veritá è visitata da me, Verità etterna, l'anima riceve timore sancto nel primo aspecto; e<br />
con esso timore riceve allegrezza e sicurtà con una dolce prudenzia, che, dubbitando, non dubbita;<br />
ma, per cognoscimento di sé reputandosi indegna, dirà: — Io non so' degna di ricevere la tua<br />
visitazione; non essendone degna, come può essere? — Alora si vòlle a la larghezza della mia<br />
carità, cognoscendo e vedendo che a me è possibile di dare; e non raguardo alla indegnità sua, ma a<br />
la dignità mia che la fo degna di ricevere me, per grazia e per sentimento, in sé, perché non<br />
dispregio il desiderio col quale ella mi chiama. E però riceve umilmente, dicendo: — Ecco l'ancilla<br />
tua: facta sia in me la tua volontà. — E alora esce del camino de l'orazione e visitazione mia con<br />
allegrezza e gaudio di mente, e con umilità reputandosi indegna, e con caritá ricognoscendola da<br />
me.<br />
Or questo è il segno che l'anima è visitata da me o dalle dimonia: trovando quando è da me,<br />
nel primo aspecto, ci timore e, al fine e al mezzo, l'allegrezza e la fame delle virtú. E quando è dal<br />
dimonio, ci primo aspecto è l'allegrezza, e poi rimane in confusione e in tenebre di mente. Si che lo<br />
ho proveduto in darvi el segno, acciò che l'anima, se ella vuole andare umile e con prudenzia, non<br />
possa essere ingannata. El quale inganno riceve l'anima che vorrà navicare solo con l'amore<br />
imperfecto delle proprie consolazioni piú che de l'affecto mio, come decto t'ho.<br />
LXXII. Come l'anima, che in verita cognosce se medesima, saviamente si guarda<br />
da tucti li predecti inganni.<br />
— Non t'ho voluto tacere l'inganno che ricevono e' comuni, ne l'amore sensitivo, nel loro<br />
poco bene adoperare, cioè di quella poca virtú che essi adoperavano nel tempo della consolazione;<br />
né de l'amore proprio spirituale delle proprie consolazioni de' servi miei, come essi col proprio<br />
amore del dilecto s'ingannano (138) che non lo' lassa cognoscere la veritá de l’affecto mio né<br />
discernere la colpa dove ella sta, e l'inganno che ‘l dimonio usa con loro per loro colpa, se essi non<br />
tengono el modo che decto t' ho.<br />
Hottelo decto, acciò che tu e gli altri servì miei andiate dietro a la virtú per amore di me, e<br />
none a veruna altra cosa. Tucti questi inganni e pericoli può ricevare e spesse volte ricevono coloro<br />
che sonno ne l'amore imperfecto, cioè d'amare me per rispecto del dono e non di me che do. Ma<br />
l'anima, che in veritá è intrata nella casa del cognoscimento di sé, exercitando l'orazione perfecta e<br />
levandosi da la imperfeczione de l'amore de l'orazione inperfecta (per quel modo che nel Tractato<br />
de l'orazione Io ti contiai), riceve me per affecto d'amore, cercando di trare a sé el lacte della<br />
dolcezza mia col pecto della doctrina di Cristo crocifixo.<br />
Gionti al terzo stato, cioè de l'amore de l'amico e filiale, non hanno amore mercennaio, anco<br />
fanno come carissimi amici. . Si come farà l'uno amico con l'altro, che, essendo presentato da<br />
l'amico suo, l'occhio non si vòlle solamente al presente, anco nel cuore e ne l'affecto di colui che dà,<br />
e riceve e tiene caro el presente solo per amore de l’affecto de l'amico suo. Così l'anima, gionta al<br />
terzo stato de l'amore perfecto, quando riceve i doni e le grazie mie non raguarda solamente il dono,<br />
ma raguarda con l'occhio de l’intellecto l'affecto della caritá di me donatore.