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DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista

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Unde hanno trovato el riposo nella doctrina della mia Verità; hanno trovata la mensa, el cibo e il<br />

servidore. El quale cibo gustano col mezzo della doctrina di Cristo crocifixo, unigenito mio<br />

Figliuolo; Io lo' so' letto e mensa. Questo dolce e amoroso Verbo l'è cibo, si perché gustano el cibo<br />

de l'anime in questo glorioso Verbo, e si perché egli è cibo dato da me a voi: la carne e ‘l sangue<br />

suo, tucto Dio e tucto uomo, el quale ricevete nel Sacramento de l'altare, posto e dato a voi da la<br />

mia bontá, mentre che sète peregrini e viandanti, acciò che non veniate meno, ne l'andare, per<br />

debilezza, e perché non perdiate la memoria del benefizio del Sangue sparto per voi con tanto fuoco<br />

d'amore, ma perché sempre vi confortiate e dilectiate nel vostro andare. Lo Spirito sancto gli serve,<br />

cioè l'affecto della mia carità, la quale caritá lo' ministra e' doni e le grazie. Questo dolce (152)<br />

servidore porta e arreca: arreca a me i penosi e dolci ed ateo. rosi desidèri, e porta a loro el fructo<br />

della divina caritá delle loro fadighe ne l'anime loro, gustando e notricandosi della dolcezza della<br />

mia caritá. Si che vedi che Io lo' so' mensa, el Figliuolo mio l'è cibo, e lo Spirito sancto gli serve,<br />

che procede da me Padre e dal Figliuolo.<br />

Vedi dunque che sempre, per sentimento, mi sentono nella loro mente. E quanto piú hanno<br />

spregiato el dilecto e voluta la pena, piú hanno perduta la pena e acquistato el dilecto. Perché?<br />

perché sonno arsi e affocati nella mia carità, dove è consumata la volontà loro. Unde el dimonio<br />

teme il bastone della caritá loro, e però gicta le saecte sue da longa e non s'ardisce d'acostare. EI<br />

mondo percuote nella corteccia de' corpi loro credendo offendere, ed egli è offeso, perché la saecta,<br />

che non truova dove intrare, ritorna a colui che la gitta. Cosí el mondo con le saecte delle ingiurie e<br />

persecuzioni e mormorazioni sue, gictandole ne' perfectissimi servi miei, non v'è luogo da veruna<br />

parte dove possa intrare, perché l'orto de l'anima loro è chiuso; e però ritorna la saecta a colui che la<br />

gicta, avelenata col veleno della colpa.<br />

Vedi che da veruno lato la può percuotere, però che, percotendo el corpo, non percuote<br />

l'anima. Ma sta beata e dolorosa: dolorosa sta de l'offesa del proximo suo, e beata per l'unione e<br />

affecto della caritá che ha ricevuta in sé.<br />

Questi seguitano lo immaculato Agnello, unigenito mio Figliuolo, el quale stando in croce<br />

era beato e doloroso: doloroso era, portando la croce del corpo, sostenendo pena, e 1a croce del<br />

desiderio per satisfare la colpa de l'umana generazione; e beato era, perché la natura divina, unita<br />

con la natura umana, non poteva sostenere pena, e sempre faceva l'anima sua beata mostrandosi a<br />

lei senza velame. E però era beato e doloroso, perché la carne sosteneva, e la Deitá pena non poteva<br />

patire; neanco l'anima quanto a la parte di sopra de l'intellecto.<br />

Cosí questi dilecti figliuoli, gionti al terzo e al quarto stato, sonno dolorosi portando la croce actuale<br />

e mentale: cioè (153) actualmente, sostenendo pene ne' corpi loro, secondo che Io permecto, e la<br />

croce del desiderio del crociato dolore de l'offesa mia e danno del proximo. Dico che sonno beati,<br />

però che ‘l dilecto della carità, la quale gli fa beati, non lo' può essere tolto, unde eglino ricevono<br />

allegrezza e beatitudine. Unde si chiama questo dolore, non « dolore afffiggitivo » che disecca<br />

l'anima, ma « ingrassativo », che ingrassa l'anima ne l’affecto della carità, perché le pene<br />

aumentano la virtú e fortificano e crescono e pruovano la virtú.<br />

Si che è pena ingrassativa e non affliggitiva, perché veruno dolore né pena la può trare del<br />

fuoco, se non come il tizzone, che è tucto consumato nella fornace, che veruno è che ‘l possa<br />

pigliare per spegnere, perché gli è facto fuoco. Cosí queste anime, gictate nella fornace della mia<br />

carità, non rimanendo veruna cosa fuore di me, cioè veruna loro volontà, ma tucti affocati in me,<br />

veruno è che le possa pigliare né trarle fuore di me per grazia, perché sonno facte una cosa con<br />

meco ed lo con loro. E mai da loro non mi sottraggo per sentimento che la mente loro non mi senta<br />

in sé, si come degli altri ti dixi che lo andavo e tornavo, partendomi per sentimento e non per grazia;<br />

e questo facevo per farli venire a la perfeczione. Gionti a la perfeczione, lo' tolgo el giuoco de<br />

l'amore d'andare e di tornare, el quale si chiama « giuoco d'amore », ché per amore mi parto e per

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