DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista
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giosi, ma come signori o donzelli di corte. E studiansi d'avere i grossi cavagli e molti vaselli d'oro e<br />
d'argento con adornamento di casa, tenendo e possedendo quello che non possono tenere, con molta<br />
vanità di cuore. El cuore loro favella con disordinata vanità. E tutto il desiderio loro è in vivande,<br />
facendosi del ventre loro dio, mangiando e beiendo disordinatamente. E però caggiono subbito nella<br />
immondizia, vivendo lascivamente.<br />
Guai, guai a la loro misera vita: ché quello che il dolce Verbo, unigenito mio Figliuolo,<br />
acquistò con tanta pena in sul legno della sanctissima croce, essi lo spendono con le publiche<br />
meretrici. Sonno devoratori de l'anime ricomprate del sangue di Cristo, divorandole con molta<br />
miseria, in molti e in diversi modi; e di quello de' poveri ne pascono e' figliuoli loro. O templi del<br />
diavolo, Io- v'ho posti perché voi siate angeli terrestri in questa vita, e voi sète dimòni e preso avete<br />
l'officio delle dimonia. Le dimonia dànno tenebre di quelle che hanno per loro, e ministrano crociati<br />
tormenti; sottraggono l'anime dalla grazia con molte molestie e temptazioni, per reducerle a la colpa<br />
del peccato mortale, ingegnandosi di farne quello che essi possono: bene che neuno peccato possa<br />
cadere ne l'anima piú che essa voglia; ma essi ne fanno quel che possono. Cosí questi miserabili,<br />
non degni d'essere chiamati ministri, sonno dimòni incarnati, perché per loro difetto si sonno<br />
conformati con la volontà delle dimonia, e però fanno l'officio loro ministrando me, vero Sole, con<br />
la tenebre del peccato mortale, e ministrano la tenebre della disordinata e scellerata vita loro ne'<br />
subditi e ne (252) l'altre creature che hanno in loro ragione. E dànno confusione, e ministrano pene<br />
nelle menti delle creature che disordinatamente gli veggono vivere: anco sonno cagione di<br />
ministrare pene e confusione di coscienzia in coloro che spesse volte sottraggono dallo stato della<br />
grazia e via della veritá, e, conducendoli a la colpa, gli fanno andare per la via della bugia.<br />
Benché, colui che gli séguita non è però scusato dalla colpa sua, perché non può essere<br />
costrecto a colpa di peccato mortale né da questi dimòni visibili né dagl'invisibili, però che neuno<br />
debba guardare a la vita loro né seguitare quello che fanno; ma come v'amuní la mia Verità nel<br />
sancto Evangelio, dovete fare quello che essi vi dicono (cioè la doctrina che v'è data nel corpo<br />
mistico della sancta Chiesa pòrta per la sancta Scriptura, per lo mezzo de' banditori, ciò sonno i<br />
predicatori, che vanno ad anunziare la parola mia), e i loro guai che meritano, e la mala vita loro<br />
non seguitare, né punirli voi, però che offendareste me. Ma lassate la mala vita a loro, e voi pigliate<br />
la doctrina, e la punizione lassate a me; però che lo so' il dolce Dio etterno, che ogni bene remunero<br />
e ogni colpa punisco.<br />
Non lo' sarà risparmiata da me la punizione per la dignità che egli hanno d'essere miei<br />
ministri: anco saranno puniti, se non si correggeranno, piú miserabilmente che tucti gli altri,<br />
perché piú hanno ricevuto da la mia bontá. Offendendo tanto miserabilmente, sonno degni di<br />
maggiore punizione. Si che vedi che essi sonno dimòni, si come degli electi miei ti dixi che egli<br />
erano angeli terrestri e però facevano l'officio degli angeli.<br />
CXXII. Come ne' predecti iniqui ministri regna la ingiustizia, e singularmente<br />
non correggendo i subditi.<br />
— Io ti dissi che in questi miei dilecti riluceva la margarita della giustizia. Ora ti dico che<br />
questi miserabili tapinelli portano nel pecto loro per fibbiale la ingiustizia. La quale ingiustizia<br />
procede (253) ed è affibbiata con l'amore proprio di loro medesimi, però che per lo proprio amore<br />
commectono ingiustizia verso de l’anime loro e verso me, con la tenebre della indiscrezione. A me