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DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista

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suo e, come aciecato dal proprio amore, non vede; ma elli vede bene, ma fa vista di non vedere per<br />

ricoprire lo stimolo della coscienzia sua. Vedrebbe, e vede, che egli perseguita el Sangue e non loro.<br />

Mia è l'ingiuria, si come mia era la reverenzia. E cosí è mio ogni danno: scherni, villanie, obrobrio e<br />

vitoperio, che fanno a loro; cioè che reputo facto a me quel che fanno a loro, perché Io lo' dixi e<br />

dico che i miei cristi non voglio che sieno toccati da loro. Io gli ho a punire, e non eglino. Ma eglino<br />

dimostrano, gl'iniqui, la inreverenzia che essi hanno al Sangue, e che poco tengono caro el tesoro<br />

che Io l'ho dato in salute e in vita de l’anime loro.<br />

Piú non potavate ricevere che darmivi tucto Dio e uomo in cibo, sí come Io t’ho decto. Ma<br />

perché la reverenzia non era facta a me per mezzo di loro, però l'hanno diminuita perseguitandoli,<br />

vedendo in loro molti peccati e difecti, si come, in un altro luogo, de' difecti loro Io ti narraroe. Se<br />

in veritá avessero avuta questa reverenzia in loro per me, non sarebbe levata per neuno difecto loro,<br />

perché non diminuisce, come decto è, la virtú di questo sacramento per neuno difecto. E però non<br />

debba diminuire la reverenzia; e quando diminuisce, n'offendono me.<br />

E però m'è piú grave questa colpa che tucte l'altre, per molte ragioni: ma tre principali te ne<br />

dirò. L'una si è perché quello che fanno a loro fanno a me. L'altra si è perché trapassano el<br />

comandamento: perché giá l'ho vetato che non gli tocchino; unde spregiano la virtú del Sangue che<br />

trassero del sancto baptesmo, perché essi disobediscono facendo quel che l’è vetato. E so' ribelli a<br />

questo Sangue, perché hanno levata (234) la reverenzia, e levatisi con la grande persecuzione. Essi<br />

sonno come membri putridi, tagliati dal corpo mistico della sancta Chiesa; unde, mentre ché<br />

stessero obstinati in questa rebellione e inreverenzia, morendo con essa, giongono a l’etterna<br />

dapnazione. É vero che, giognendo a l'extremità, umiliandosi e cognoscendo la colpa loro,<br />

volendosi reconciliare col loro capo e non potendo attualmente, riceve misericordia: poniamo che<br />

non debba però aspettare il tempo, perché non è securo d'averlo. L'altra si è perché la loro colpa è<br />

piú aggravata che tutte l'altre, perché egli è peccato facto per propria malizia e con deliberazione, e<br />

cognoscono che con buona coscienzia essi noi possono fare; e, facendolo, offendono. Ed è offesa<br />

con una perversa superbia, senza diletto corporale; anco si consumano l'anima e’l corpo: l'anima si<br />

consuma privata della grazia, e spesse volte lo' rode il vermine della coscienzia; la sustanzia<br />

temporale si consuma in servigio del dimonio, e i corpi ne sonno morti come animali.<br />

Si che questo peccato è facto propriamente a me, ed è facto senza colore di propria utilitá o<br />

diletto alcuno, se non con malizia e fummo di superbia, la quale superbia nacque dal proprio amore<br />

sensitivo, e da quello timore perverso che ebbe Pilato che, per timore di non perdere la signoria,<br />

uccise Cristo unigenito mio Figliuolo. Cosí hanno facto e fanno costoro.<br />

Tucti gli altri peccati sonno fatti o per simplicità o per ignoranzia di non cognoscere, o per<br />

malizia, cioè che cognosce il male che egli fa, ma per lo disordinato diletto e piacere che ha in esso<br />

peccato, o per alcuna utilitá che vi trovasse, offende, e, offendendo, fa dapno e offende l'anima sua,<br />

e offende me e il proximo suo. Me, perché non rende gloria e loda al nome mio; el proximo, perché<br />

non gli rende la dileczione della caritá. Ma egli non mi percuote attualmente che la faccia<br />

propriamente a me, ma offende sé; la quale offesa mi dispiace per lo dapno suo. Ma questa è offesa<br />

fatta a me proprio, senza mezzo. Gli altri peccati hanno alcuno colore e sonno fatti con alcuno<br />

colore e sonno fatti con mezzo, perché Io ti dixi che ogni peccato si faceva col mezzo del proximo,<br />

e ogni virtú: el peccato si fa per (235) la privazione della caritá di me, Dio, e del proximo; e la virtú<br />

con la dileczione della carità: offendendo il proximo, offendono me col mezzo di loro. Ma perché<br />

tra le mie creature che hanno in loro ragione lo ho eletti questi miei ministri, e' quali sonno e' miei<br />

unti, si come lo ti dixi, ministratori del corpo e del sangue de l'unigenito mio Figliuolo, carne vostra<br />

umana unita con la natura mia divina, unde, consecrando, stanno in persona di Cristo mio Figliuolo;<br />

si che vedi che questa offesa è facta a questo Verbo; ed essendo fatta a lui, è fatta a me, perché<br />

siamo una medesima cosa.

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