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DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista

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vAio della superbia, unde nasce ogni difecto per lo principio de l'amore proprio.<br />

D'ogni creatura la quale ha in sé ragione mi doglio e mi lamento, ma singularmente degli<br />

unti miei, e' quali debbono essere umili si perché ogniuno debba avere la virtú de l'umilità, la quale<br />

nutrica la carità, e si perché sonno facoi ministri (273) de l'umile e immaculato Agnello, unigenito<br />

mio Figliuolo. E non si vergognano essi e tucta l'umana generazione d'insuperbire vedendo me, Dio,<br />

umiliato a l'uomo, dandovi ci Verbo del mio Figliuolo nella carne vostra? E questo Verbo veggono,<br />

per l’obbedienzia ch' Io li posi, corrire e umiliarsi a l'obrobriosa morte della croce. Egli ha ci capo<br />

chinato per te salutare, la corona in capo per te ornare, le braccia stese per te abracciare e i piei<br />

conficti per teco stare. E tu, misero uomo, che se' facto ministro di questa larghezza e di tanta<br />

umilità, debbi abbracciare la croce; e tu la fuggi ed abracciti con le inique e inmonde creature. Tu<br />

debbi stare fermo e stabile, seguitando la doctrina della mia Verità, conficcando il cuore e la mente<br />

tua in Lui; e tu ti vòlli come la foglia al vento, e per ogni cosa vai a vela. Se ella è prosperità, ti<br />

muovi con disordinata allegrezza; e se ella è adversità, ti muovi per impazienzia, e cosí trai fuore il<br />

mirollo della superbia, cioè la impazienzia; però che come la caritá ha per suo merollo la pazienzia,<br />

cosí la impazienzia è il merollo della superbia. Unde d'ogni cosa si turbano e si scandalizzano<br />

coloro che sonno superbi e iracundi.<br />

E tanto m'è spiacevole la superbia, che ella cadde di cielo quando l'angelo volse insuperbire.<br />

La superbia non saglie in cielo, ma vanne nel profondo de l'inferno; e però dixe la mia Verità: K<br />

Chi si exaltarà, cioè per superbia, sarà umiliato; e chi se umilia, sarà exaltato ». In ogni generazione<br />

di gente mi dispiace la superbia, ma molto piú in questi ministri, si come Io t'ho decto, perché Io gli<br />

ho posti nello stato umile a ministrare l'umile Agnello; ma essi fanno tucto el contrario. E come non<br />

si vergogna ci misero sacerdote insuperbire, vedendo me umiliato a voi dandovi el Verbo de<br />

l'unigenito mio Figliuolo? E loro n'ho facoi ministri, e il Verbo per l’obbedienzia mia s'è umiliato a<br />

l’obrobriosa morte della croce! Egli ha ci capo spinato; e questo misero leva ci capo contra me e<br />

contra ci proximo suo, e d'agnello umile, che egli debba essere, è facto montone con le corna della<br />

superbia, e chiunque se gli accosta, percuote.<br />

O disaventurato uomo ! Tu non pensi che tu non puoi escire di me. È questo l'officio che Io<br />

t'ho dato, che tu percuota me (274) con le corna della superbia tua, facendo ingiuria a me e al<br />

proximo tuo, e con ingiuria e con ignoranzia conversi con lui? È questa la mansuetudine con che tu<br />

debbi andare a celebrare il Corpo e’l Sangue di Cristo mio Figliuolo? Tu se' facto come uno animale<br />

feroce, senza veruno timore di me. Tu devori el proximo tuo e stai in divisione, e facto se'<br />

acceptatore delle creature, acceptando quelli che ti servono e che ti fanno utilitá, o altri che ti<br />

piaccino che siano di quella medesima vita che tu; e' quali tu debbi correggere e dispregiare i difecti<br />

loro. E tu fai el contrario, dando lo' exemplo che faccino quello, e peggio. Ma se tu fussi buono, el<br />

faresti; ma, perché tu se' gattivo, non sai riprendere né ti dispiace il difecto altrui.<br />

Tu dispregi gli umili e virtuosi poveregli. Tu li fuggi: ma tu hai ragione di fuggirli, poniamo<br />

che tu nol debba fare; tu li fuggi perché la puzza del vizio tuo non può sostenere l'odore della virtú.<br />

Tu ti rechi a vile di vederti a l'uscio e' miei poveregli. Tu schifi ne' loro bisogni d'andare, a visitarli:<br />

vedili morire di fame e non li sovieni. E tucto questo fanno le corna della superbia, che non si<br />

vogliono inchinare a usare uno poco d'acto d'umilità. Perché non s'inchina? perché l'amore proprio,<br />

che notrica la superbia, non l'ha punto tolto da sé; e però non vuole conscendere né ministrare a'<br />

poveregli né substanzia temporale né la spirituale senza rivendaría.<br />

O maladecta superbia, fondata ne l'amore proprio, come hai acciecato l'occhio de l' intellecto<br />

loro per si facto modo, che, parendo lo' amare e essere teneri di loro medesimi, essi ne sonno facti<br />

crudeli; e parendo lo' guadagnare, pérdono; parendo lo' stare in delizie e in ricchezze e in grande<br />

altezza, essi stanno in grande povertà e miseria, perché sonno privati della ricchezza della virtú;<br />

sonno discesi da l'al zza della grazia alla bassezza del peccato mortale. Par lo' vedere; ed e' sonno

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