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DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista

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XXXI. De la indignita di quelli che passano per lo fiume, di sotto al ponte decto;<br />

e come l'anima, che passa di sotto, Dio la chiama arbore di morte, el quale tiene<br />

le radici sue principalmente in quatro vizi.<br />

Poi che quella anima col verbo della parola ebbe un poco dilatato el cuore nella misericordia<br />

di Dio, umilemente aspectava che la promessa le fusse actenuta. E ripigliando Dio le sue parole<br />

dicea: — Carissima figliuola, tu hai narrato dinanzi da me della misericordia mia, perché Io te la déi<br />

a gustare e a vedere nella parola ch' Io ti dissi, dicendo: « Costoro sonno coloro per li quali Io vi<br />

prego che mi preghiate ». Ma sappi che, senza veruna comparazione, è piú la misericordia mia<br />

verso di voi che tu non vedi, però che ‘l tuo vedere è imperfecto e finito, e la misericordia mia è<br />

perfecta e infinita. Si che comparazione non ci si può ponere se non quella che è da la cosa finita a<br />

la infinita.<br />

Ho voluto che l'abbi gustata questa misericordia, e anco la dignità de l'uomo (la quale di<br />

sopra ti mostrai), acciò che tu meglio conosca la crudeltá e la indegnità degl' iniqui uomini che<br />

tengono per la via di socto. Apre l'occhio de l'intelletto, e mira costoro che volontariamente<br />

s'anniegano, e mira in quanta indegnità essi sonno caduti per le colpe loro.<br />

Prima è che essi sonno diventati infermi: e questo si è quando conciepéro el peccato mortale<br />

nelle menti loro, poi el parturiscono e perdono la vita della grazia. E come il morto, che veruno<br />

sentimento può adoperare, né si muove da se medesimo se non quanto egli è levato da altrui, cosí<br />

costoro, che sonno annegati nel fiume de l'amore disordinato del mondo, sonno morti a grazia. E<br />

perché egli son morti, la memoria non ritiene il ricordamento della mia misericordia; l'occhio de<br />

l'intelletto non vede né cognosce la mia veritá, perché ‘l sentimento è morto, cioè che lo 'ntellecto<br />

non s'ha posto dinanzi altro che sé, con (61) hanlore morto della propria sensualità. E però la<br />

volontà ancora è morta a la volontà mia, perché non ama altro che cose morte. Essendo morte<br />

queste tre potenzie, tutte l'operazioni sue e actuali e mentali sonno morte quanto che a grazia, e giá<br />

non si può difendere da' nemici suoi, né aitarsi per se medesimo se non quanto è aitato da me.<br />

Bene è vero che ogni volta che questo morto, nel quale è rimaso solo el libero arbitrio,<br />

mentre che egli è nel corpo mortale, dimanda l'aiutorio mio, el può avere; ma per sé non potrà mai.<br />

Egli è facto incomportabile a se medesimo e, volendo signoreggiare il mondo, egli è signoreggiato<br />

da quella cosa che non è, cioè dal peccato. El peccato è non cavelle, ed essi sonno facti servi e<br />

schiavi del peccato.<br />

Io gli feci arbori d'amore con vita di grazia, la quale ebbero nel sancto baptesmo; ed essi<br />

sonno facti arbori di morte, perché sonno morti, come decto t'ho. Sai dove egli tiene la radice questo<br />

arbore? ne l'altezza della superbia, la quale l'amore sensitivo proprio di loro medesimi notrica; el<br />

suo merollo è la impazienzia, el suo figliuolo è la indiscrezione. Questi sonno quattro principali<br />

vizi, che uccidono l'anima di colui el quale ti dixi che era arbore di morte, perché non hanno tracta<br />

la vita della grazia. Dentro da l'arbore si notrica uno vermine di coscienzia; el quale, mentre che<br />

l'uomo vive in peccato mortale, è acciecato dal proprio amore, e però poco el sente.<br />

E' fructi di questo arbore sonno mortali, perché hanno tracto l'umore dalla radice della<br />

superbia; la tapinella anima è piena d'ingratitudine, unde le procede ogni male. E se ella fusse grata<br />

de' benefizi ricevuti, cognoscerebbe me; e cognoscendo me, cognoscerebbe sé; e cosí starebbe nella<br />

mia dileczione. Ma ella, come cieca, si va attaccando pur per lo fiume, e non vede che l'acqua non<br />

l’aspecta.

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