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DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista

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hanno quello, per pruova e in essenzia, che hanno creduto per fede; né la speranza, ché essi sonno in<br />

possessione di quello che hanno sperato; e cosí tucte l’altre virtú. Solo la caritá entra come reina e<br />

possiede me, suo possessore. Vedi dunque che questi parvoli ricevono per uno cento, e vita etterna<br />

con esso, ricevendo qui el fuoco della divina carità, posto per lo numero del cento, come decto è. E<br />

perché da me hanno ricevuto questo cento, stanno in admirabile allegrezza cordiale. Perché nella<br />

caritá non cade tristizia, ma allegrezza: fa el cuore largo e liberale, e non doppio né strecto. L'anima,<br />

che è ferita di questa dolce saetta, non mostra una in faccia e in lingua, e un'altra abbi nel cuore; non<br />

serve, né fa fictivamente e con ambizione al proximo suo, però che la caritá è aperta a ogni creatura.<br />

E però l'anima, che la possiede, non cade in pena né in tristizia afictiva, né si scorda de<br />

l'obbedienzia, ma è obbediente infino a la morte.<br />

CLXI. De la perversita, miserie e fadighe de lo inobediente. E de' miserabili<br />

frutti che procedono da la inobedienzia.<br />

— El contrario fa il miserabile disobbediente, che sta nella navicella de l'ordine con tanta<br />

pena a sé e ad altrui, che in questa vita gusta l'arra de l'inferno. Egli sta sempre in tristizia,<br />

confusione e stimolo di conscienzia, con dispiacimento de l'ordine e del prelato suo; incomportabile<br />

è a se medesimo. Or che è a vedere, figliuola mia, quello che ha presa la chiave de l’obbedienzia de<br />

l'ordine con la disobbedienzia, alla quale egli s'è facto schiavo, e la disobbedienzia ha (acta donna,<br />

con la compagna della inpazienzia, nutricata dalla superbia col proprio piacere. La quale superbia<br />

detto è che esce dall'amore proprio di sé. Tucto si rivolle in contrario ad quello che detto t'ho della<br />

vera obbedienzia; e come può questo misero stare altro che in pena, che è privato della carità?<br />

Conviengli chinare il capo della volontà sua per forza; e la superbia gli li tiene ritto. Tutte le sue<br />

volontà si discordano dalla volontà de l'ordine. Egli li comanda l'obbedienzia, ed egli ama la<br />

disobbedienzia; la povertà volontaria, ed egli la fugge, possedendo e desiderando la ricchezza;<br />

vuole continenzia e purità, ed egli inmondizia. Trapassando questi tre voti, figliuola mia, il religioso<br />

cade in ruina e in tanti miserabili difetti, che l'aspetto suo non pare religioso, ma uno dimonio<br />

incarnato, si come in un altro luogo lo ti narrai piú distesamente. Non lassarò però che alcuna cosa<br />

non te ne conti dello inganno loro e del frutto che traggono della disobbedienzia, a comendazione<br />

ed exaltazione de I'obbedienzia.<br />

Questo misero è ingannato dal proprio amore, perché l'occhio de l'intelletto suo s'è posto, con fede<br />

morta, nel piacere della propria volontà e nelle cose del mondo. Ha saltato il mondo col corpo e<br />

rimastovi con l'affetto. E perché gli pare fadiga l’obbedienzia, vuole disobbedire per fuggire fadiga;<br />

e egli cade in maxima fadiga, ché pure obbedire gli conviene o per forza (387) o per amore. Meglio<br />

gli era, e meno fadiga, a fare l’obbedienzia per amore che senza amore.<br />

Oh! come è ingannato! E neuno è che lo inganni, se non egli medesimo. Volendo piacersi,<br />

egli si dispiace, dispiacendoli le sue operazioni stesse, che farà per l’obbedienzia che gli è posta.<br />

Volendo stare in grande dilecto e farsi vita etterna in questa vita, e l'ordine vuole che egli sia<br />

perregrino, e continuamente glil dimostra, ché, quando egli s'è posto in uno luogo a sedere, dove<br />

vorrebbe stare per piacere e dilecto che egli vi truova, egli è mutato. Nella mutazione ha pena,<br />

perché la volontà sua era viva a non volere. E, se egli non obbedisce, e egli è suggecto a convenirli<br />

portare la disciplina e fadiga de l'ordine; e cosí sta in continuo tormento.<br />

Vedi dunque che s'inganna: volendo fuggire le pene, cade intro le pene, perché la ciechità<br />

sua non el lassa cognoscere la via della vera obbedienzia, che è una via di veritá, fondata ne

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