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DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista

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spalla sua riposasse il capo, e, come ebbro d'amore, vi fa bagno del sangue suo, aperto il Corpo di<br />

questo Agnello, che da ogni parte versa.<br />

Essendo in miseria, dona a voi la grande ricchezza; stando in sul legno strecto della croce,<br />

egli spande la larghezza sua a ogni creatura che ha in sé ragione; assaggiando l’amaritudine del<br />

fiele, egli dá a voi perfectissima dolcezza; stando in tristizia, vi dá consolazione; stando confitto e<br />

chiavellato in croce, vi scioglie dal legame del peccato mortale; essendosi facto servo, ha facti voi<br />

liberi e tracti de la servitudine del dimonio; essendo venduto, v'ha ricomperati di Sangue; dando a sé<br />

morte, ha dato a voi vita.<br />

Bene v'ha dato dunque regola d'amore, mostrandovi maggiore amore che mostrare vi potesse, dando<br />

la vita per voi, che eravate facti nemici a lui e a me, sommo ed etterno Padre. Questo non cognosce<br />

lo ignorante uomo, che tanto m'offende e tiene a vile si facto prezzo. Havi data regola di vera<br />

umilità, umiliandosi a l’obrobriosa morte della croce; e di viltà, sostenendo gli obrobri e i grandi<br />

rimprovèri; e di vera povertà, unde parla di lui la Scrittura, lamentandosi in sua persona: « Le volpi<br />

hanno tana e gli uccelli hanno il nido, e’l Figliuolo della Vergine non ha dove riposare il capo suo ».<br />

Chi el cognosce questo? Quello che ha il lume della sanctissima fede. In cui truovi questa fede? Ne'<br />

povaregli per spirito, che hanno presa per sposa la reina della povertà, perché hanno gittato da loro<br />

le ricchezze che dànno tenebre d' infidelità.<br />

Questa reina ha il reame suo che non v'è mai guerra, ma sempre ha pace e tranquilità. Ella<br />

abbonda di giustizia, perché quella cosa che commecte ingiustizia è separata da lei; le mura della<br />

città sua son forti, perché ‘l fondamento non è facto Sopra la terra, ma sopra la viva pietra: Cristo,<br />

dolce Iesú, unigenito mio Figliuolo. Dentro v'è luce senza tenebre, perché la madre di questa reina è<br />

l'abisso della divina caritá. L'addornamento di questa città è la pietà e misericordia, perché (354)<br />

n'ha tracto il tiranno della ricchezza che usava crudeltá. Ine v'è una benivolenzia con tucti i cittadini,<br />

cioè la dileczione del proximo. Avi la longa perseveranzia con la prudenzia, che non va né governa<br />

la città sua imprudentemente, ma con molta prudenzia e solicita guardia. Unde l'anima, che piglia<br />

questa dolce reina della povertà per sposa, si fa signore di tucte queste ricchezze, e non può essere<br />

de l'uno che ella non sia de l'altro.<br />

Guarda giá che la morte de l'appetito delle ricchezze non cadesse in quella anima: allora<br />

sarebbe divisa da quello bene, e trovarebbesi di fuore della città in somma miseria. Ma, se ella è<br />

leale e fedele a questa sposa, sempre in etterno le dona la ricchezza sua. Chi vede tanta excellenzia?<br />

in cui riluce il lume della fede. Questa sposa riveste lo sposo suo di purità, tollendo via la ricchezza<br />

che ‘l faceva inmondo; privalo delle gattive conversazioni e dagli le buone; tra'ne la marcia della<br />

negligenzia, gittando fuore la sollicitudine del mondo e delle ricchezze; tra'ne l’amaritudine e<br />

rimane la dolcezza; taglia le spine e rimanvi la rosa; vòta lo stomaco de l'anima d'umori corrocti del<br />

disordenato amore, e fallo leggiero; e, poi che egli è vòto, l'empie del cibo delle virtú, che dànno<br />

grandissima soavità. Ella gli pone il servo de l'odio e de l'amore, acciò che purifichi il luogo suo:<br />

unde el odio del vizio e della propria sensualità spazza l'anima, e l'amore delle virtú l'addorna; tra'ne<br />

ogni dubbitazione, privandola del timore servile e dalle sicurtà con timore sancto.<br />

Tucte le virtú, tucte le grazie, piaceri e dilecti che sa desiderare truova l'anima che piglia per<br />

sposa la reina della povertà. Non teme briga, ché non è chi le facci guerra; non teme di fame né di<br />

caro, perché la fede vide e sperò in me, suo Creatore, unde procede ogni ricchezza e providenzia,<br />

che sempre gli pasco e gli notrico. E trovossi mai uno vero mio servo, sposo della povertà, che<br />

perisse di fame? No, ché si sonno trovati di quelli che sonno abondati nelle grandi ricchezze,<br />

confidandosi nelle lore ricchezze e non in me, e però perivano; ma a questi non manco lo mai,<br />

perché non mancano in speranza, e però gli proveggo come benigno e pietoso padre. E con quanta<br />

allegrezza e larghezza sonno venuti a me, avendo cognosciuto col (355) lume della fede che, dal<br />

principio infino a l'ultimo del mondo, ho usato e uso e usarò in ogni cosa la providenzia mia

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