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DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista

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In questa vita mortale, mentre che sète viandanti, Io v'ho legati nel legame della carità:<br />

voglia ]'uomo o no, egli ci è legato. Se egli si scioglie per affecto che non sia nella caritá del<br />

proximo, egli ci è legato per necessità. Unde, acciò che in acto e in affecto usasse la caritá (e se la<br />

perdete in affecto per le iniquità vostre, almeno sète constrecti per vostro bisogno d'usare facto),<br />

providdi di non dare a uno uomo, né a ogniuno a se medesimo, el sapere fare quello che bisogna<br />

fare in tucto alla vita de l'uomo; ma chi n'ha una parte, e chi n'ha un'altra, acciò che l'uno abbi<br />

materia, per suo bisogno, di ricòrrire a l'altro. Unde tu vedi che l'artefice ricorre al lavoratore, e il<br />

lavoratore a l'artefice: l'uno ha bisogno de l'altro, perché non sa fare l'uno quello che l'altro. Cosi el<br />

cherico e il religioso ha bisogno del secolare, e il secolare del religioso; e l'uno non può fare senza<br />

l'altro. E cosí d'ogni altra cosa.<br />

E non potevo Io dare a ogniuno tucto? Si bene; ma volsi, con providenzia, che s'aumiliasse<br />

l'uno a l'altro, e costrecti fussero d'usare facto e l'affecto della caritá insieme. Mostrato ho la<br />

magnificenzia, bontá e providenzia mia in loro, e essi si lassano guidare alla tenebre della propria<br />

fragilità. Le menbra del corpo vostro vi fanno vergogna, perché usano caritá insieme, e non voi:<br />

unde, quando il capo ha male, la mano il soviene; e se il dito, che è cosí piccolo menbro, ha male, il<br />

capo non si reca a schifo perché sia maggiore e piú nobile che tucta l'altra parte del corpo, anco il<br />

soviene con l'udire, col vedere, col parlare e con ciò ch'egli ha. E cosí tucte l’altre menbra. Non fa<br />

cosí l'uomo superbo, che, vedendo il povero membro suo infermo e in necessità, non el soviene, non<br />

tanto con ciò che egli ha, ma con una minima parola; ma con rimproverio e schifezza volta la faccia<br />

adietro. Abbonda in ricchezze, e lassa lui morire di fame; ma egli non vede che la sua miseria e<br />

crudeltá gitta puzza a me, e infino al profondo de lo 'nferno ne va la puzza sua.<br />

Io proveggo quel povarello, e per la povertà gli sarà data somma ricchezza. E a lui, con<br />

grande rimproverio, gli sarà rimproverato dalla mia Verità, se egli non si corregge, per lo modo che<br />

conta nel sancto Evangelio, dicendo: « Io ebbi fame e non mi desti mangiare; ebbi sete, e non mi<br />

desti bere; nudo fui, e non mi vestisti; infermo e in carcere, e non mi visitasti ». E non gli varrà in<br />

quello ultimo di scusarsi, dicendo: — Io non ti viddi mai, ché, se io t'avesse veduto, io farei facto.<br />

— El misero sa bene (e cosí dixe Egli) che quello che fa a' suoi povaregli, fa a lui. E però<br />

giustamente gli sarà dato etterno supplicio con le demonia.<br />

Si che vedi che nella terra Io ho proveduto perché non vadano all'etternale dolore.<br />

Se tu raguardi di sopra, in me vita durabile, nella natura angelica e ne' cittadini che sonno in<br />

essa vita durabile, che in virtú del sangue dell'Agnello hanno avuta vita etterna, Io ho ordinato con<br />

ordine la caritá loro, cioè che Io non ho posto che l'uno gusti pure il bene suo proprio, nella beata<br />

vita che egli ha da me, e non sia participato dagli altri. Non ho voluto cosí: anco è tanto ordinata e<br />

perfecta la caritá loro, che il grande gusta el bene del piccolo, e il piccolo quello del grande.<br />

Piccolo, dico, quanto a misura, non che ‘l piccolo non sia pieno come il grande, ognuno nel grado<br />

suo, si come in un altro luogo Io ti narrai. Oh! quanto è fraterna questa carità, e quanto è unitiva in<br />

me, e l'uno con l'altro, perché da me l'hanno e da me la ricognoscono, con quello timore sancto e<br />

debita reverenzia, che rendono loro, s'affogano in me, e in me veggono e cognoscono la loro dignità<br />

nella quale Io gli ho posti. L'angelo si comunica con l'uomo, cioè con l'anime de' beati, e i beati con<br />

gli angeli. SI che ognuno in questa dileczione della carità, godendo el bene l'uno de l'altro, exultano<br />

in me con giubilo e allegrezza senza alcuna tristizia, dolce senza alcuna amaritudine, perché, mentre<br />

che vissero e nella morte loro, gustàro me per affecto d'amore nella caritá del proximo.<br />

Chi l'ha ordinato? La sapienzia mia con admirabile e dolce providenzia. E se tu ti vòlli al<br />

purgatorio, vi trovarrai la mia (345) dolce e inextimabile providenzia in quelle tapinelle anime che<br />

per ignoranzia perdéro il tempo, e perché sonno separate dal corpo, non hanno piú el tempo di<br />

potere meritare: unde Io l’ ho provedute col mezzo di voi, che anco sète nella vita mortale, che<br />

avete il tempo per loro; cioè che con le limosine e divino offizio che facciate dire a' ministri miei,

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