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DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista

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vostri difecti. Nel quale baptesmo, mediante e in virtú del sangue de l'unigenito mio Figliuolo,<br />

riceveste la forma della fede. La quale fede, exercitata in virtú col lume della ragione (la quale<br />

ragione è illuminata da questo lume), vi dá vita e favi andare per la via della veritá, e con esso<br />

giognete a me, vero lume; e senza esso giognereste a la tenebre.<br />

Due lumi, tracti da questo lume, vi sonno necessari d'avere, ed anco a' due ti porrò ci terzo.<br />

El primo è che voi tucti siate illuminati in cognoscere le cose transitorie del mondo, le quali passano<br />

tucte come il vento. Ma non le potete bene cognoscere se prima non cognoscete la propria vostra<br />

fragilità quanto ella è inchinevole, con una legge perversa che è legata nelle membra vostre, a<br />

ribellare a me, vostro Creatore. Non che per questa legge neuno possa essere costrecto a<br />

commectere uno minimo peccato, se egli non vuole; ma bene impugna contra lo spirito. E non dici<br />

questa legge perché la mia creatura, che ha in sé ragione, fusse venta, ma perché ella aumentasse e<br />

provasse la virtú ne l'anima, però che la virtú non si pruova se non per lo suo contrario. La<br />

sensualità è contraria a lo spirito, e però in essa sensualità pruova l'anima l'amore che ha in me,<br />

Creatore suo. Quando si pruova? quando con odio e dispiacimento si leva contra di lei.<br />

E anco le dici questa legge per conservarla nella vera umilità. Unde tu vedi che, creando<br />

l'anima a la imagine e similitudine mia posta in tanta dignità e bellezza, Io l’acompagnai con la piú<br />

vile cosa che sia, dandole la legge perversa, cioè legandola col corpo formato dei piú vile della<br />

terra, acciò che, vedendo la bellezza sua, non levasse il capo per superbia contra di me. Unde il<br />

fragile corpo, a chi ha questo lume, è cagione di fare umiliare l'anima, e non ha alcuna materia<br />

d'insuperbire: anco di vera e perfecta umilità. Si che questa legge non costrigne ad (199) alcuna<br />

colpa di peccato per alcuna sua impugnazione, ma è cagione di farvi cognoscere voi medesimi e<br />

cognoscere la poca fermezza del mondo.<br />

Questo debba vedere l'occhio de l’intellecto col lume della sanctissima fede, della quale ti<br />

dixi che era la pupilla de l'occhio. Questo è quello lume necessario, che generalmente è di bisogno a<br />

ogni creatura che ha in sé ragione, a volere participare la vita della grazia in qualunque stato si sia,<br />

se vuole participare il fructo del sangue dello inmaculato Agnello. Questo è il lume comune, cioè<br />

che comunemente ogni persona ci debba avere, come decto è; e chi non l'avesse, starebbe in stato di<br />

dannazione. E questa è la ragione che essi non sonno in stato di grazia non avendo ci lume: però che<br />

chi non ha ci lume, non cognosce il male della colpa e chi n'è cagione, e però non può schifare né<br />

odiare la cagione sua. E cosí chi non cognosce il bene e la cagione del bene, cioè la virtú, non può<br />

amare né desiderare me, che so' esso Bene, e la virtú che lo v'ho data come strumento e mezzo a<br />

darvi la grazia mia, me, vero Bene.<br />

Si che vedi di quanto bisogno v'è questo lume, ché in altro none stanno le colpe vostre se<br />

none in amare quel che Io odio o in odiare quel che Io amo. lo amo la virtú e odio ci vizio; chi ama<br />

ci vizio e odia la virtú offende me ed è privato della grazia mia. Questi va come cieco che, non<br />

cognoscendo la cagione del vizio, cioè il proprio amore sensitivo, non odia se medesimo né<br />

cognosce il vizio né il male che gli séguita dipo' ci vizio. Né cognosce la virtú, né me che so'<br />

cagione di darli la virtú che gli dá vita, né la dignità nella quale egli si conserva e viene a grazia col<br />

mezzo della virtú.<br />

Si che vedi che ‘l non cognoscere gli è cagione del suo male. Évi dunque di bisogno d'avere<br />

questo lume, come decto è.

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