DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - Altervista
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Al coro sempre vuole essere l'ultimo a intrare e il primo che n'esca. Con le labbra sue<br />
s'appressima a me, e col cuore se ne dilunga. li capitolo, per timore della penitenzia, il fugge<br />
volontieri quando egli può: lo starvi fa come se fusse suo nemico mortale, con vergogna e<br />
confusione nella mente sua (quello che nel commettere le colpe non ebbe, non vergognandosi di<br />
commettere la colpa de' peccati mortali). Chi ne gli è cagione? La disobbedienzia. Egli, non vigilia<br />
né orazione, e non tanto l'orazione mentale, ma spesse volte l'officio, ad che egli è obligato, non il<br />
dirà; non caritá fraterna, ché egli non ama altro che sé, non d'amore ragionevole, ma d'amore<br />
bestiale. Tanti sonno e' mali che gli caggiono in capo al disobbediente, tanti sono i dolorosi frutti<br />
suoi, che la lingua tua non gli potrebbe narrare!<br />
Oh disobbedienzia, che spogli l'anima d'ogni virtú e vestila d'ogni vizio! Oh disobbedienzia,<br />
che privi l'anima del lume de l'obbedienzia, tollile la pace e da'le la guerra, tollile la vita e da' le la<br />
morte, traendola della navicella de l’observanzie de (390) l'ordine, affoghila nel mare, facendola<br />
notare sopra le braccia sue e non sopra quelle de l'ordine. Tu la vesti d'ogni miseria, fa' la morire di<br />
fame, tollendole il cibo del merito de l’obbedienzia. Tu le dai continua amaritudine, e privila d'ogni<br />
dilecto di dolcezza e d'ogni bene, e fa' la stare in ogni male. In questa vita le fai portare l'arra de'<br />
crociati tormenti; e, se egli non si corregge inanzi ch'e' panni si stacchino dalla navicella col mezzo<br />
della morte, tu, disobbedienzia, conduci l'anima a l’etterna danpnazione con le demonia, che<br />
caddero di cielo perché furono ribelli a me e andarono nel profondo. Cosi tu, disobbediente, perché<br />
se' stato ribello a l'obbedienzia; e questa chiave, con che dovevi aprire la porta del cielo, tu l'hai<br />
gittata da te, e con la chiave della disobbedienzia hai aperto lo 'nferno.<br />
CLXII. De la inperfeczione di quelli che tiepidamente vivono ne la religione,<br />
avengaché si guardino da peccato mortale. E del remedio da uscire de la loro<br />
tiepiditade.<br />
— O carissima figliuola, e quanti sonno questi cotali che al di d'oggi si pascono in questa<br />
navicella? Molti: unde pochi sonno e' contrari, cioè i veri obbedienti. È vero che tra e' perfecti e<br />
questi miserabili ci ha assai di quegli che si vivono ne l'ordine comunemente, che né perfecti sonno,<br />
come essi debbono essere, né gattivi sonno, cioè che pure conservano la conscienzia loro che non<br />
peccano mortalmente, stanno in tiepidezza e freddezza di cuore. E se essi non exercitano un poco la<br />
vita loro con l’observanzie de l'ordine, stanno a grande pericolo; e però l'è bisogno molta<br />
soljicitudine, e non dormire, e levarsi dalla tiepidezza loro. Ché, se essi vi permangono, sonno acti a<br />
cadere. E se pure non cadessero, staranno con uno loro parere e piacere umano, colorato col colore<br />
de l'ordine, studiandosi piú d'observare le cirimonie de l'ordine che propriamente l'ordine. E spesse<br />
volte, per poco lume, saranno acri a cadere in (391) giudicio in quegli che piú perfectamente di loro<br />
observano l'ordine, e in meno perfeczione le cirimonie, delle quali e' si fanno observatori.<br />
Si che, in ogni modo, è loro nocivo a permanere ne l'obbedienzia comune, cioè che<br />
freddamente passano l’obbedienzia loro, con molta fadiga e con molta pena. Però che al cuore<br />
freddo pare fadigoso a portare: portano fadiga assai, con poco fructo; offendono la loro perfeczione,<br />
nella quale essi sonno intrati e sonno tenuti d'observarla; e, poniamo che faccino meno male che gli<br />
altri de' quali Io t'ho contato, pure male fanno: ché essi non si partirono dal secolo per stare con la<br />
chiave generale de l'obedienzia, ma per diserrare il cielo con la chiavicella de l'obbedienzia de<br />
l'ordine, la quale chiavicella debba essere col funicello della viltà, avilendo se medesimo, e col<br />
cingolo de l'umilità, come decto è, tenerla strecta nella mano de l'affocato amore.