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Dipartimento di - Università degli Studi del Molise

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Le iniziative dei nobili venivano con<strong>di</strong>zionate dalla concezione <strong>del</strong>lo spazio<br />

come “materia” plasmabile 256 . In tale concezione erano fissate le regole <strong>del</strong><br />

potere me<strong>di</strong>ante l’utilizzazione nobiliare <strong>del</strong>le costruzioni residenziali. La<br />

maggiore o minore rapi<strong>di</strong>tà e frequenza <strong>degli</strong> spostamenti <strong>del</strong> signore da una<br />

<strong>di</strong>mora all’altra era, infatti, determinata dalla necessità dei prelievi per cui,<br />

esaurite le risorse, si imponeva lo spostamento in altre zone <strong>di</strong> esazione. Questo<br />

atteggiamento era la spia <strong>del</strong>la salute economica <strong>del</strong>la famiglia, <strong>del</strong>la flori<strong>di</strong>tà<br />

<strong>del</strong>le terre e dei posse<strong>di</strong>menti <strong>del</strong> feudo. In essi la riscossione <strong>degli</strong> introiti era<br />

affidata a terzi, gli erari, in genere autoctoni <strong>del</strong> luogo in cui esercitavano per<br />

conto dei feudatari. Questi ultimi potevano scegliere, avere preferenze,<br />

prolungare e abbreviare i soggiorni secondo l’umore o secondo gli imperativi<br />

legati agli interessi più importanti: in tal caso gli stessi venivano gestiti in prima<br />

persona. In una simile impostazione <strong>di</strong> governo, alcune <strong>di</strong>more si imponevano<br />

in quanto car<strong>di</strong>ni <strong>del</strong> sistema, altre come riserve necessarie in casi eccezionali.<br />

Questo stato <strong>di</strong> cose era comune a tutto il Regno, così come l’opposizione<br />

città-campagna era l’anima <strong>del</strong>l’abitare dei nobili. Gerard Labrot si è occupato<br />

ampiamente dei comportamenti abitativi <strong>del</strong>l’aristocrazia meri<strong>di</strong>onale,<br />

sostenendo che essa risiedeva ovunque mettesse piede, che fosse «in modo<br />

stabile o temporaneo, vivo o morto» 257 . Tra il XVII e il XVIII secolo l’abitare<br />

aristocratico si basava, nel Regno <strong>di</strong> Napoli, sullo sfruttamento <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong><br />

e<strong>di</strong>fici signorili <strong>di</strong>slocati nell’area <strong>di</strong> estensione <strong>del</strong> feudo, e tale sistema<br />

riproduceva nello spazio una struttura economica ben precisa basata<br />

sull’appropriazione <strong>del</strong>la terra. Soprattutto i signori più ricchi, gestivano<br />

opulenti feu<strong>di</strong> che assicuravano considerevoli introiti dai quali derivava<br />

l’allestimento, nella Capitale, <strong>di</strong> residenze impressionanti quanto a ricchezza e<br />

fasti, non assolutamente paragonabili a quelle esistenti, ad esempio, in Calabria,<br />

in Abruzzo, nel Contado <strong>di</strong> <strong>Molise</strong> 258 . In tali <strong>di</strong>more “<strong>di</strong> periferia” né l’aspetto,<br />

né la funzione erano simili a quelle coeve napoletane. In queste ultime era<br />

basilare il fine legato allo sfoggio <strong>del</strong>la ricchezza, alla rappresentanza e al<br />

256 A tal proposito, M. A. Visceglia, Identità sociali, cit., pp. 60-61.<br />

257 G. Labrot, Baroni in città. Residenze e comportamenti <strong>del</strong>l‟aristocrazia napoletana. 1530-<br />

1734, Napoli, Società e<strong>di</strong>trice napoletana, 1979, p. 27.<br />

258 Per una comparazione in merito si rimanda a G. Galasso, Economia e società nella Calabria<br />

<strong>del</strong> Cinquecento, cit.; F. Luise, I D‟Avalos, cit.; F. Liuzzi, Sistema abitativo <strong>del</strong>la nobiltà<br />

meri<strong>di</strong>onale nel Seicento: architettura, arredo, collezionismo. I genovesi de Mari ad Acquaviva<br />

<strong>del</strong>le fonti, in «Napoli nobilissima. Rivista <strong>di</strong> arti, filologia e storia», serie V, vol. X, III-IV,<br />

maggio-agosto 2009, pp. 140-157.<br />

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