Dipartimento di - Università degli Studi del Molise

cercolati, sita nel luogo detto alla Via della Lama»; e «una vigna vitata di
trantali tre in circa con cortina di un tomolo incirca con diversi alberi fruttiferi,
sita nel luogo detto alla Via del Molino» 182 .
Dimostrando di avere interiorizzato la lezione paterna, Sinforosa non si
mostrava tenera con i propri vassalli, non mancando mai di ricordare agli erari
di riscuotere anche in beni di consumo quei censi minimi di cui altrimenti non
avrebbe beneficiato. Questo soprattutto nei territori identificabili con i feudi
maritali, dove più forte era la necessità di ribadire il potere della famiglia con
una certa assiduità.
A Pietracatella e a Macchia l’erario Pietro Pascale ebbe il compito di
effettuare la riscossione delle rendite dovute alla casa marchesale nel periodo
compreso tra il 1717 e il 1723. Fu lui a presenziare il 4 marzo 1717 alla stipula
di un “instrumento censuale”, in cui si ratificava il pagamento di annui carlini 4,
grana 9, e cavalli 4 ad estinzione di un debito complessivo di 7 ducati e grana
24, maturato da Cesare de Jelsi di Pietracatella per aver tenuto «la socita delle
pecore di detta eccellentissima signora marchesa padrona per anni due continui,
terminata all’otto di settembre dello scorso anno 1716». Come era successo in
passato per il feudo di Montorio, anche a Pietracatella, Sinforosa rivendicava
alcuni pagamenti sulla base di precisi calcoli effettuati dal “razionale”,
sull’esattezza dei quali il debitore non poteva sindacare. Lo stesso, dunque, si
impegnava a pagare rateizzando la somma e fornendo come garanzia i propri
beni. Ed, infatti, il notaio Mucci così aveva ratificato:
prefatus vero Cesar sponte asservit coram nobis, et predicto magnifico
Petro erario presente, in vulgari sermone pro faciliori facti, et partium
intelligentia, qualmente avendo detto Cesar tenuto la socita delle pecore di
detta eccellentissima signora marchesa padrona per anni due continui
terminata all’otto di settembre del scorso anno 1716, et nel fine di dett’anni
due avendo dato li conti in mano del magnifico razionale di
dett’eccellentissima signora marchesa, e quelli visti, revisti, ponderati,
discussi, ben calcolati, e ricalcolati, con ogni debita attenzione, presente non
solo detto Cesare, ma anche la sua persona eletta, e chiamata a detto fine, è
remasto per final conto detto Cesare vero, e liquido, debitore a detta signora
marchesa di docati sette, e grana ventiquattro, come appare da detti conti,
nelli quali più e più volte è intervenuto detto Cesare, e sua persona eletta,
dove non si è riconosciuto nessun abbaglio, né errore, ma quelli portati, ed
osservati con ogni attenzione, senza nessuna fraude detta somma di docati
sette, e grana ventiquattro, servita per uso di detto Cesare, e di sua casa. […]
Essendo detto Cesare richiesto per il pagamento di essi, come deve et
182 Ivi, 1722, f. 87v.
74