Dipartimento di - Università degli Studi del Molise
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Educato, <strong>di</strong> certo, ai valori che muovevano la madre e integrato nella logica<br />
primogeniturale come <strong>di</strong>mostra la carriera militare che aveva intrapreso, Diego<br />
accettò le <strong>di</strong>sposizioni che lo riguardavano. Così, il 10 agosto <strong>del</strong> 1741, il notaio<br />
Falcone ratificava che «qualmente essendoli poco fa pervenuta la notizia»<br />
Diego Ceva Grimal<strong>di</strong> optava per il vitalizio <strong>di</strong> 200 ducati «chiamandosene ben<br />
contento e sod<strong>di</strong>sfatto, tanto maggiormente ch’è pervenuto dall’amore e cor<strong>di</strong>al<br />
affetto <strong>di</strong> detta sua signora madre» 354 .<br />
Due anni dopo Sinforosa Mastrogiu<strong>di</strong>ce moriva:<br />
[…] sotto li 25 <strong>del</strong> passato mese <strong>di</strong> marzo <strong>del</strong> corrente anno 1743 la<br />
suddetta fu marchesa donna Sinforosa se ne passò <strong>di</strong> questa all’altra vita<br />
senz’aver fatto testamento, né altra <strong>di</strong>sposizione eccetto quello <strong>di</strong> sopra<br />
espresse e senz’aver lasciato altri figli maschi, né figli <strong>di</strong> essi a se<br />
superstiti se non il sopradetto, [Giuseppe Maria], ed il suddetto don<br />
Diego, tanto che rispetto alli beni feudali, e burgensatici sottoposti a<br />
fedecommesso, ne ave il sopradetto come figlio primogenito ottenuta da<br />
essa il jus spectavisse 355 .<br />
Entrato in vigore il testamento, e le sue mo<strong>di</strong>fiche, Giuseppe Maria<br />
<strong>di</strong>ventava possessore <strong>del</strong>l’intero patrimonio dei Ceva Grimal<strong>di</strong>, dei<br />
Mastrogiu<strong>di</strong>ce, e <strong>di</strong> quanto sua madre Sinforosa aveva acquisito ed incrementato<br />
grazie alla sua intraprendenza e capacità impren<strong>di</strong>toriale.<br />
Del consistente lascito una larga parte, nei legati riservati al primogenito <strong>di</strong><br />
casa, occupavano gli oggetti più o meno preziosi che la marchesa aveva<br />
acquistato durante l’intera vita trascorsa, i quali costituivano uno dei tanti<br />
simboli tangibili <strong>del</strong>l’alto rango nobiliare <strong>del</strong> casato, nonché <strong>del</strong>la ricchezza e<br />
<strong>del</strong> potere a questo connessa.<br />
Accumulare e conservare beni materiali da lasciare ai propri ere<strong>di</strong>, infatti, era<br />
equivalso per Sinforosa Mastrogiu<strong>di</strong>ce a costruirsi una genealogia attraverso la<br />
quale aspirare all’inalienabilità <strong>del</strong>la memoria.<br />
Al figlio primogenito la marchesa aveva affidato la conservazione <strong>del</strong> casato<br />
simboleggiata da terre, denaro, gioielli, argenti; ai suoi affetti più intimi la<br />
donna Sinforosa aveva donato se stessa e il suo ricordo che rimaneva vivo nel<br />
quoti<strong>di</strong>ano attraverso gesti, riti religiosi e umili “cose” <strong>di</strong> uso personale 356 .<br />
354 Ivi, 1741, f. 88r.<br />
355 Ivi, 1743, f. 48r.<br />
356 R. Ago, Il gusto <strong>del</strong>le cose, cit., p. 227. A tal proposito si veda, inoltre, S. Cavallo, I Chabot<br />
(a cura <strong>di</strong>), Oggetti, cit.<br />
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