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Dipartimento di - Università degli Studi del Molise

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svelto appositamente da detto luogo da figli d’iniquità per le raggioni <strong>di</strong><br />

sopra 236 .<br />

La <strong>di</strong>sputa era sorta a causa <strong>di</strong> esigenze <strong>di</strong> sfruttamento dei posse<strong>di</strong>menti<br />

terrieri scaturite da una congiuntura <strong>di</strong> crisi. Quest’ultima, nel primo Settecento,<br />

avevano probabilmente spinto i conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Ururi a servirsi illecitamente <strong>del</strong>le<br />

terre feudali dei Ceva Grimal<strong>di</strong>. Ma, nel tempo, la controversia aveva assunto un<br />

valore <strong>di</strong>verso. Negli anni successivi, infatti, essa non sembra configurarsi<br />

esclusivamente come un braccio <strong>di</strong> ferro tra poteri feudali locali impegnati a<br />

riba<strong>di</strong>re prestigio e status sulle comunità. In un mondo in cui ogni castello,<br />

borgo, città o agglomerato urbano sentiva il bisogno <strong>di</strong> affermare la propria<br />

esistenza <strong>di</strong>segnando i confini <strong>del</strong> territorio, lo scontro tra l’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Ururi e<br />

la marchesa Mastrogiu<strong>di</strong>ce assunse sfaccettature <strong>di</strong>verse. Non è possibile, <strong>del</strong><br />

resto, comprendere la storia <strong>del</strong>le comunità rurali italiane se non si tiene conto <strong>di</strong><br />

quanto <strong>di</strong>ffusamente in esse fosse sentita la questione <strong>del</strong>la determinazione dei<br />

limiti come atto <strong>di</strong> sovranità in<strong>di</strong>cativo <strong>di</strong> una nascente identità 237 .<br />

Dal canto loro, non si può <strong>di</strong>re che i citta<strong>di</strong>ni ricorressero frequentemente ai<br />

tribunali regi e, quantunque questo accedesse, gli esiti erano quanto mai incerti<br />

«anche per la <strong>di</strong>fficoltà - non <strong>del</strong> tutto casuale o <strong>di</strong>sinteressata - <strong>del</strong>la scientia<br />

iuris a <strong>di</strong>stinguere tra gravamina e <strong>di</strong>ritti legittimamente esercitatati» 238 . Del<br />

resto, nel 1716, il giurista Tassone, seppur affermando che i feudatari dovevano<br />

astenersi dall’opprimere i vassalli, forniva un elenco <strong>del</strong>le cose «que barones<br />

facere non possunt» estremamente esiguo, mentre enunciava in oltre cento punti<br />

le «potestates» spettanti ai feudatari 239 .<br />

Nel Contado <strong>di</strong> <strong>Molise</strong> il Longano, a tal proposito, scriveva: «la<br />

giuris<strong>di</strong>zione baronale avvilisce la nostra spezie. Evvi sorse maggiore assurdo<br />

che il vedere esercitare i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> Sovranità un figlio <strong>di</strong> Vassettaro, o <strong>di</strong> un<br />

conciatore, o <strong>di</strong> un nobile stolide ferox? È oppressiva tale giuris<strong>di</strong>zione per le<br />

tanti appellazioni per cui restano i popoli spogliati, percossi, e mai sempre<br />

agitati. Per le tante angarie, e parangarie, che i baroni esercitano ne’ loro feu<strong>di</strong>.<br />

Per tanti <strong>di</strong>ritti proibitivi non concessi, ma usurpati, donde nasce la mancanza<br />

236<br />

ASCB, Protocolli notarili, piazza <strong>di</strong> Montorio nei Frentani, Notaio Giovannelli Francesco,<br />

1741, f. 61v.<br />

237<br />

A tal proposito, M. A. Visceglia, Territorio, feudo e potere locale: terra d‟Otranto tra<br />

me<strong>di</strong>oevo ed età moderna, Napoli, Guida, 1988, pp. 267-279.<br />

238<br />

P. L. Rovito, Il Viceregno spagnolo <strong>di</strong> Napoli, cit, p. 91.<br />

239<br />

G. D. Tassone, Observationes, cit., p. 147. Sugli abusi feudali si veda, inoltre, D. Winspeare,<br />

Storia <strong>degli</strong> abusi feudali,cit.; e G. Galasso, David Winspeare: feudo come abuso, cit.<br />

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