Dipartimento di - Università degli Studi del Molise
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somma non era affatto esigua. Eppure Cornelia, spalleggiata dal marito Luigi<br />
Chiesa, continuava a pretendere, a ragione, il pagamento. La questione venne<br />
gestita dall’erario il quale riuscì, il 5 gennaio 1722, a far ratificare dal solito<br />
notaio Mucci, una “quietatio testamentale”, in cui <strong>di</strong>mostrò, “libro de’ conti”<br />
alla mano, che il suo predecessore aveva già versato ai coniugi 120 tomola <strong>di</strong><br />
grano «alla ragione <strong>di</strong> carlini <strong>di</strong>eci il tomolo». Impegnandosi ora a pagare i<br />
rimanenti tomola 80 <strong>di</strong> «grana mescheglia <strong>di</strong> buona qualità», Pascale risolveva<br />
la contesa con il consenso <strong>di</strong> Cornelia Storto, che si <strong>di</strong>chiarava sod<strong>di</strong>sfatta<br />
considerando estinto il legato testamentale che la riguardava 186 .<br />
Non è possibile stabilire con precisione il margine decisionale che la<br />
marchesa avesse lasciato all’erario. È lecito, tuttavia, supporre che questi fosse<br />
in continuo contatto con la sua padrona e che da Bonefro gli arrivassero,<br />
soprattutto in relazione alle questioni più complicate, <strong>di</strong>rettive precise e puntuali<br />
alle quali egli poi si atteneva. Alla fine <strong>del</strong> suo servizio, comunque, Pietro<br />
Pascale aveva riscosso meno <strong>di</strong> quanto Sinforosa aveva percepito dai feu<strong>di</strong><br />
paterni nel 1715, come risulta dalla TABELLA II, riepilogativa <strong>del</strong>le ren<strong>di</strong>te<br />
annuali <strong>di</strong> cui ella beneficiò durante gli anni compresi tra il 1717 e il 1723 nei<br />
feu<strong>di</strong> <strong>di</strong> competenza <strong>di</strong> Pascale.<br />
A seguito <strong>di</strong> quella che sembra essere stata una prima ondata <strong>di</strong> censuazioni,<br />
avvenuta negli anni 1715-1723, rivelatasi <strong>di</strong>fficoltosa a causa <strong>del</strong>le reiterate<br />
morosità dei vassalli, è probabile che Sinforosa avesse ritenuto esigue le risorse<br />
a propria <strong>di</strong>sposizione. Intenzionata a compiere investimenti volti ad<br />
incrementare l’economia in alcuni feu<strong>di</strong>, la marchesa promosse allora un altro<br />
tipo <strong>di</strong> attività che poteva fruttarle denaro in poco tempo: la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />
animali 187 . Nel 1724, infatti, l’erario Nicola Gioannelli <strong>di</strong> Pietracatella si occupò<br />
<strong>di</strong> ratificare sei atti presso il notaio Mucci, in cui si attestava l’acquisto da parte<br />
<strong>di</strong> alcuni vassalli <strong>del</strong>la zona <strong>di</strong> animali da soma, da tiro, e bovini in genere.<br />
Il pagamento <strong>degli</strong> animali era stato da tutti i compratori <strong>di</strong>lazionato<br />
attraverso il consueto accordo consistente in un versamento annuale da<br />
corrispondere all’erario marchesale. Da tali ven<strong>di</strong>te la marchesa ricavò un<br />
186 Ivi, 1722, f. 2r<br />
187 A tal proposito J. A. Marino, L‟economia pastorale nel Regno <strong>di</strong> Napoli, cit.; G. Cirillo, Il<br />
vello d‟oro. Mo<strong>del</strong>li me<strong>di</strong>terranei <strong>di</strong> società pastorali: il Mezzogiorno d‟Italia, secc. XVII-XX,<br />
Manduria, Laicata, 2003.<br />
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