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Dipartimento di - Università degli Studi del Molise

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La ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> animali a Pietracatella proseguì ancora nel 1725 ed è attestata<br />

dalle fonti anche in seguito 191 . In quell’anno infatti, un nuovo erario marchesale,<br />

Giovan Battista Coluccio, si accordò con Francesco Cinquina che, avendo<br />

comprato un bue per 8 ducati e carlini 4, <strong>di</strong>lazionava la somma in 6 carlini<br />

all’anno 192 .<br />

Nei due anni successivi Coluccio stipulò contratti per un capitale complessivo<br />

<strong>di</strong> 242 ducati, che la marchesa avrebbe percepito nel tempo attraverso le ren<strong>di</strong>te<br />

create dalle rateizzazioni. In particolare, a fruttare erano: il fornatico <strong>del</strong> forno<br />

marchesale <strong>di</strong> Pietracatella, tenuto da Giuseppe Tommasone 193 ; l’affitto <strong>del</strong><br />

piano superiore <strong>del</strong>lo stesso forno da parte dei fratelli Domenico e Antonio <strong>di</strong><br />

Rita 194 ; la «socita <strong>del</strong>le capre <strong>del</strong>la marchionissa» da parte dei fratelli Santopolo<br />

e <strong>di</strong> Jacopo de Stefano 195 .<br />

Giovan Battista Coluccio provvide, inoltre, ad esigere anche ciò che il<br />

precedente erario Pietro Pascale non aveva versato alla casa marchesale. Come<br />

già visto in precedenza, accadeva che gli erari che avevano cessato il mandato<br />

restassero debitori nei confronti dei signori anche <strong>di</strong> grosse somme da loro<br />

esatte nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> servizio ed utilizzate a scopi personali. Dall’analisi <strong>del</strong>la<br />

documentazione notarile, relativa ai feu<strong>di</strong> dei Mastrogiu<strong>di</strong>ce e dei Ceva<br />

Grimal<strong>di</strong>, tuttavia, non si rileva mai una sistematica e puntuale richiesta <strong>di</strong> saldo<br />

<strong>di</strong> tali ren<strong>di</strong>te nel periodo precedente al 1720. Generalmente, infatti, sia Don<br />

Luigi che i marchesi <strong>di</strong> Pietracatella non erano soliti riven<strong>di</strong>care<br />

imme<strong>di</strong>atamente quanto loro dovuto dagli erari, cosa che Sinforosa, invece, si<br />

impegnò a fare prontamente richiedendo al Pascale i 160 ducati <strong>di</strong> cui egli aveva<br />

<strong>di</strong>sposto 196 . Ciò è in<strong>di</strong>cativo <strong>di</strong> un preciso atteggiamento <strong>del</strong>la marchesa,<br />

verosimilmente volto a fare <strong>di</strong> tutto per portare a termine un progetto <strong>di</strong><br />

rivalutazione <strong>del</strong>le attività economiche nel feudo paterno <strong>di</strong> Montorio nei<br />

191<br />

Nel 1732, ad esempio, l’erario Coluccio faceva ratificare dal notaio Recchia una<br />

testimonianza relativa alla buona salute <strong>di</strong> 250 pecore che erano state vendute pochi mesi prima,<br />

per 10 carlini l’una, a Pierangelo Fiorentino <strong>di</strong> San Giovanni in Galdo. Cfr. ASCB, Protocolli<br />

notarili, piazza <strong>di</strong> Pietracatella, Notaio Recchia Giuseppe, 1732, f. 15v. A tal proposito G.<br />

Cirillo, La trama sottile: protoindustria e baronaggi <strong>del</strong> Mezzogiorno d‟Italia (secoli XVI-XIX),<br />

Pratola Serra, Elio Sellino, 2002.<br />

192<br />

ASCB, Protocolli notarili, piazza <strong>di</strong> Pietracatella, Notaio Mucci Antonio, 1725, f. 109r.<br />

193<br />

Ivi, 1725, f. 98r.<br />

194<br />

Ivi, 1725, f. 103v.<br />

195<br />

Ivi, 1727, rispettivamente al f. 16r; e al f. 20r.<br />

196<br />

Ivi, 1725, f. 93r. A tal proposito G. Galasso, Aspetti e problemi <strong>del</strong>la società feudale<br />

napoletana attraverso l‟inventario dei beni dei Principi <strong>di</strong> Bisignano (1594), in Stu<strong>di</strong> in onore<br />

<strong>di</strong> Federico Melis, Napoli, Giannini, 1978, vol. IV, pp. 269-291.<br />

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