Dipartimento di - Università degli Studi del Molise
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Sinforosa, come si rileva dagli atti, godeva sui feu<strong>di</strong> <strong>di</strong> un cre<strong>di</strong>to<br />
complessivo <strong>di</strong> ben 193 ducati e 4 carlini, capitale che le fruttava una <strong>di</strong>screta<br />
ren<strong>di</strong>ta annuale.<br />
Tra i vassalli, è interessante notare, appare Tommaso Falasco. Ex erario <strong>di</strong><br />
Don Luigi nell’anno 1710, Falasco aveva riscosso per conto <strong>di</strong> questi vari censi<br />
nel feudo <strong>di</strong> Montorio, ma era rimasto liquido debitore <strong>del</strong>la casa marchesale <strong>di</strong><br />
90 ducati dei quali, ora, Sinforosa riven<strong>di</strong>cava il pagamento certificando<br />
l’esattezza <strong>del</strong>la somma attraverso il possesso <strong>del</strong> “libro de’ conti”.<br />
Nel rogito si legge, infatti, che:<br />
è remasto per final conto detto Tomaso vero, e liquido debitore a detta<br />
eccellentissima signora marchesa in docati novanta, come appare da detti<br />
conti, nelli quali più e <strong>di</strong>verse volte, è intervenuto detto Tomaso, e sua<br />
persona eletta, dove non si è riconosciuto nessun sbaglio, né errore, ma<br />
quelli portati, ed osservati con ogn’attenzione, senza nessuna fraude,<br />
essendo detta summa <strong>di</strong> docati novanta servita per uso <strong>di</strong> detto Tomaso, e<br />
<strong>di</strong> sua casa 176 .<br />
Nel 1716 le fonti certificano ancora un impegno, seppur minimo, <strong>di</strong> Don<br />
Luigi negli affari feudali <strong>del</strong> casato ma, a partire dal 1720, è Sinforosa a<br />
prendere in mano le re<strong>di</strong>ni <strong>del</strong>l’amministrazione <strong>del</strong> patrimonio paterno. A<br />
conferma <strong>di</strong> ciò, alcuni rogiti <strong>del</strong> notaio Andrea Colombo <strong>di</strong> Bonefro il quale, in<br />
quella piazza e nel mese <strong>di</strong> giugno, rogava due atti relativi a una <strong>di</strong>sputa sorta<br />
per il mancato pagamento dovuto al marchese Mastrogiu<strong>di</strong>ce per lo<br />
sfruttamento <strong>di</strong> pascoli appartenenti al suo dominio, da parte <strong>del</strong> custode <strong>di</strong><br />
pecore <strong>del</strong> Duca <strong>del</strong>la Civitella 177 .<br />
Ancora attivo in quella circostanza, Don Luigi <strong>di</strong> lì a pochi mesi avrebbe<br />
lasciato ampio spazio alla primogenita <strong>di</strong> casa. Il 10 ottobre 1716, infatti,<br />
176 ASCB, Protocolli notarili, piazza <strong>di</strong> Pietracatella, Notaio Mucci Antonio, 1715, f. 70v.<br />
177 Il 10 giugno <strong>del</strong> 1716 «Nicola Gentile <strong>del</strong>la terra <strong>di</strong> Pesco a Serula, provincia <strong>del</strong>l’Aquila,<br />
massaro <strong>del</strong>le pecore <strong>del</strong>l’illustre duca <strong>del</strong>la Civitella» attestava davanti al notaio Colombo <strong>di</strong><br />
aver avuto per quattro anni, terminati nel 1715, l’incarico <strong>di</strong> provvedere all’erbaggio <strong>del</strong>le bestie<br />
<strong>del</strong> sue padrone in territori siti sulle montagne <strong>di</strong> Bonefro non ricadenti nei posse<strong>di</strong>menti feudali<br />
dei Mastrogiu<strong>di</strong>ce. L’uomo <strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> aver sempre goduto <strong>del</strong> consenso <strong>del</strong> marchese e<br />
<strong>del</strong>l’<strong>Università</strong> e <strong>di</strong> aver versato, a titolo <strong>di</strong> censo per lo sfruttamento dei pascoli, 85 ducati<br />
all’anno al duca <strong>di</strong> Casacalenda. Anche Don Luigi pretendeva un pagamento in quanto<br />
sosteneva <strong>di</strong> avere in dominio le terre su cui gli animali avevano pascolato. A conferma <strong>del</strong>la<br />
vali<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>le sue affermazioni chiamava in causa Francesco e Domenico Vannelli <strong>di</strong><br />
Ripabottoni, residenti in Bonefro, i quali testimonivano <strong>di</strong> essere «secatori e mastri <strong>di</strong> legnami»<br />
e che «a causa <strong>di</strong> tale loro lavoro, esercitato da tempo nei territori <strong>del</strong> feudo, erano profon<strong>di</strong><br />
conoscitori dei confini dei feu<strong>di</strong> stessi <strong>di</strong> Casacalenda e Bonefro». Non si conosce l’esito <strong>del</strong>la<br />
contesa a causa <strong>del</strong>la mancanza <strong>di</strong> fonti; gli atti riguardanti la vicenda sono conservati in ASCB,<br />
Protocolli notarili, piazza <strong>di</strong> Bonefro, Notaio Colombo Andrea, 1716, f. 12v; f. 13r.<br />
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