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Dipartimento di - Università degli Studi del Molise

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imase per molti decenni nell’immaginario collettivo <strong>del</strong>le genti che abitarono le<br />

zone che erano state parte dei domini feudali che ella gestì 215 . All’occorrenza la<br />

Mastrogiu<strong>di</strong>ce forniva prestiti ai vassalli indebitati, o comprava le cambiali dai<br />

cre<strong>di</strong>tori. Se il vassallo non riusciva a risollevarsi dal momento <strong>di</strong> crisi, si<br />

trovava prima o poi costretto per estinguere il debito e a venderle i propri beni<br />

come successe, ad esempio, a Onofrio Fusaro <strong>di</strong> Macchia Valfortore il quale,<br />

nel 1730, per liberarsi dal censo <strong>di</strong> 28 carlini, rateizzazione <strong>di</strong> un capitale <strong>di</strong> 35<br />

ducati che doveva alla marchesa, decise <strong>di</strong> vendere il «bottaro, seu cellaro, con<br />

una grotta <strong>di</strong> dentro, ed una casa <strong>di</strong> un membro superiore, com’anche un<br />

giar<strong>di</strong>no murato con una misura in circa <strong>di</strong> territorio, sito e posto nel luogo detto<br />

la Porta <strong>di</strong> Capo», al prezzo <strong>di</strong> 73 ducati 216 .<br />

L’ultimo rogito notarile in cui Sinforosa sembra gestire ancora in prima<br />

persona i propri posse<strong>di</strong>menti fu rogato dal notaio Antonio Mucci nel febbraio<br />

<strong>del</strong> 1742. A quella data l’anziana marchesa, che sarebbe morta <strong>di</strong> lì ad un anno,<br />

percepiva, inutile a <strong>di</strong>rlo, il pagamento <strong>del</strong>l’ennesimo censo, fissato in grana 15,<br />

da parte <strong>di</strong> Bartolomeo Morello al quale aveva concesso in enfiteusi una vigna<br />

<strong>di</strong> due trentali, sita in Montorio in luogo detto “la Valle” 217 . Anche in quella<br />

occasione dalle maglie fittissime <strong>del</strong>la serrante gestione feudale <strong>di</strong> Sinforosa<br />

non era sfuggito nulla: sulla vigna gravava, fin dai tempi <strong>del</strong> precedente<br />

affittuario, una ipoteca che prevedeva il pagamento <strong>di</strong> un censo annuo mai<br />

corrisposto alla marchesa. Con un abuso <strong>di</strong> potere, la somma fu addebitata al<br />

nuovo titolare <strong>del</strong> fondo il quale, è lecito supporre, come tutti i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

Montorio accettò senza riserve l’accordo vivendo il rapporto con la feudataria<br />

con il massimo rispetto e timore.<br />

Del resto, <strong>del</strong>la flori<strong>di</strong>tà economica vissuta da Montorio durante il periodo<br />

<strong>di</strong> amministrazione <strong>del</strong>la marchesa Sinforosa, e soprattutto in seguito, si<br />

conservò memoria a lungo. In un atto <strong>del</strong> 1781, infatti, alcuni anziani citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

quel centro, chiamati a testimoniare sul possesso <strong>di</strong> vacche e giumente da parte<br />

<strong>di</strong> Giuseppe Maria Ceva Grimal<strong>di</strong>, <strong>di</strong>chiaravano davanti al notaio che tanta era<br />

stata, ed era, in quella terra la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> pascoli ed erbaggi che «i suddetti<br />

Mastrogiu<strong>di</strong>ce si fidavano come superflui alle loro industrie».<br />

Nell’atto, infatti, si legge:<br />

215 A. Musi, Il feudalesimo nell‟Europa moderna, cit., pp. 176-182.<br />

216 Ivi, 1730, f. 2r.<br />

217 Ivi, 1742, f. 1v.<br />

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