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Dipartimento di - Università degli Studi del Molise

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mulini, frantoi, forni, li metteva a <strong>di</strong>sposizione dei suoi uomini esigendo un<br />

canone e proibendo loro iniziative analoghe 225 .<br />

Ricoperte prevalentemente da boschi e pascoli c’erano poi le <strong>di</strong>fese signorili,<br />

feudali o allo<strong>di</strong>ali, che il feudatario era autorizzato ad inter<strong>di</strong>re agli usi civici e a<br />

sfruttare autonomamente. Ciascuna <strong>di</strong>fesa poteva essere locata ad uno o più<br />

affittuari, spesso <strong>Università</strong>, che ottenevano la concessione <strong>del</strong>lo jus fidan<strong>di</strong>,<br />

legnan<strong>di</strong>, pascen<strong>di</strong>, e quant’altro fosse <strong>di</strong> pertinenza <strong>del</strong> feudatario. Talvolta si<br />

verificavano situazioni <strong>di</strong> tensione con gli affittuari. Mentre i proventi che si<br />

ricavavo, ad esempio, dalla fida <strong>del</strong>l’erba o <strong>del</strong>la legna erano regolari, in quanto<br />

il bene era <strong>di</strong>sponibile in ogni stagione, non lo erano altrettanto quelle entrate<br />

realizzate nei mesi <strong>del</strong>l’autunno e <strong>del</strong>l’inverno, quando cerri e querce<br />

producevano ghiande <strong>di</strong> cui erano ghiotti i suini che fornivano la carne <strong>di</strong><br />

maggior consumo per le sue caratteristiche <strong>di</strong> conservabilità. In quei perio<strong>di</strong> non<br />

era, infatti, raro che i maiali contendessero a buoi e pecore i pascoli dove era<br />

permessa la fida <strong>del</strong>le ghiande e allora il numero dei capi ammessi in un simile<br />

territorio doveva essere limitato. Scoppiavano così aspre <strong>di</strong>spute se il bestiame<br />

sconfinava senza permesso 226 .<br />

È questo quanto accadde nel 1704 in località “Colle <strong>di</strong> Malafarina”, nel<br />

tenimento marchesale <strong>di</strong> Montorio <strong>di</strong> cui era, all’epoca, titolare il marito <strong>di</strong><br />

Sinforosa, Giovan Francesco Ceva Grimal<strong>di</strong>, che lo aveva ricevuto in dote dalla<br />

moglie al momento <strong>del</strong>le nozze celebrate quattro anni prima. La vicenda,<br />

protrattasi nel tempo, aveva fortemente deteriorato i rapporti tra le due<br />

comunità, soprattutto dal momento in cui, a seguito <strong>del</strong>la scomparsa <strong>di</strong> Giovan<br />

Francesco, nella gestione <strong>del</strong>la contesa era subentrata la marchesa<br />

Mastrogiu<strong>di</strong>ce.<br />

Ma proce<strong>di</strong>amo per gra<strong>di</strong>.<br />

Il giorno 15 <strong>del</strong> mese <strong>di</strong> gennaio <strong>del</strong> 1704, il massaro <strong>di</strong> vacche <strong>del</strong> Duca <strong>di</strong><br />

Termoli, Lonardo <strong>di</strong> Renzo, e il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> San Martino in Pensilis, Ottavio <strong>di</strong><br />

Muccio, recandosi a Montorio attraverso le terre <strong>del</strong> “Colle <strong>di</strong> Malafarina”,<br />

avevano visto pascolare in quei luoghi alcuni capi <strong>di</strong> bestiame condotti da<br />

Angelo Frate <strong>di</strong> Ururi. Di ciò i due avevano avvisato subito i guar<strong>di</strong>ani<br />

marchesali Giovanbattista Recchia e Rocco Mancino, i quali, recatisi il mattino<br />

225<br />

P. Villani, Signoria rurale, feudalità, capitalismo nelle campagne, in «Quaderni storici», 19,<br />

1, 1972, pp. 5-26, p. 6.<br />

226<br />

E. Papagna, Sogni e bisogni <strong>di</strong> una famiglia aristocratica, cit., p. 31.<br />

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