Dipartimento di - Università degli Studi del Molise
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sacerdote, né quella <strong>di</strong> testimoni. Tale stato <strong>di</strong> cose restò immutato fin quando il<br />
Concilio <strong>di</strong> Trento impose per la prima volta una forma pubblica e solenne <strong>del</strong>la<br />
cerimonia come con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà <strong>del</strong> vincolo. I matrimoni contratti senza<br />
alcuna forma <strong>di</strong> pubblicità, infatti, turbavano la pace sociale provocando<br />
inimicizie e <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong> tra le famiglie coinvolte. Perciò le autorità ecclesiastiche<br />
emanarono <strong>del</strong>le misure a favore <strong>del</strong>la pubblicizzazione <strong>del</strong>le nozze. Il Concilio<br />
lateranenze IV (1215), in particolare, aveva già stabilito che le coppie dovessero<br />
annunciare pubblicamente in chiesa la loro intenzione <strong>di</strong> sposarsi, in modo che<br />
il prete potesse essere informato dai fe<strong>del</strong>i <strong>di</strong> eventuali impe<strong>di</strong>menti alle nozze.<br />
La pubblicazione dei ban<strong>di</strong> aveva poi lo scopo <strong>di</strong> evitare unioni tra consanguinei<br />
ed era funzionale a far partecipare l’intera comunità a un progetto matrimoniale.<br />
Rispetto agli altri Stati italiani il Regno <strong>di</strong> Napoli aveva una sua peculiarità<br />
in materia: qui fu il potere secolare a intervenire precocemente per imporre una<br />
forma pubblica <strong>di</strong> celebrazione che avesse uno spiccato carattere religioso. Già<br />
nel XII secolo il re <strong>di</strong> Sicilia Ruggero II si era, infatti, preoccupato che i<br />
matrimoni si celebrassero solennemente <strong>di</strong> fronte alla chiesa e alla presenza <strong>di</strong><br />
un sacerdote, e Federico II aveva confermato il provve<strong>di</strong>mento inserendolo nelle<br />
Costituzioni promulgate nel 1231 125 .<br />
Non fu, pertanto, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile attuazione, dopo il Tridentino, il passaggio <strong>del</strong><br />
matrimonio da atto privato, concluso all’interno <strong>di</strong> una casa, a cerimonia<br />
pubblica. La scena si sacralizzò e nelle mani <strong>del</strong> parroco si vennero a<br />
concentrare una serie <strong>di</strong> compiti che ne fecero una figura centrale nel<br />
matrimonio. Tra tali compito il più importante era quello <strong>di</strong> registrare<br />
formalmente, nell’apposito libro parrocchiale, l’avvenuta celebrazione <strong>del</strong> rito.<br />
La registrazione conferiva vali<strong>di</strong>tà sacramentale e anagrafica al fatto e a tutte le<br />
implicazioni – soprattutto economiche e politiche – che questo aveva.<br />
Ovviamente una simile responsabilità non poteva essere affidata nelle mani<br />
<strong>di</strong> un sacerdote qualsiasi, occorreva il parroco <strong>del</strong> luogo in cui il rito era stato<br />
celebrato il quale, oltre ad essere l’unico a gestire i registri <strong>di</strong> matrimonio, era<br />
anche quello maggiormente ra<strong>di</strong>cato sul territorio, che ne conosceva bene il<br />
tessuto sociale, e quin<strong>di</strong> era dotato <strong>di</strong> ascendente sulle comunità 126 . Il<br />
matrimonio, perciò, anche se precedentemente formalizzato da un notaio per<br />
125 D. Lombar<strong>di</strong>, Storia <strong>del</strong> matrimonio dal Me<strong>di</strong>oevo a oggi, cit., pp. 33-35.<br />
126 A tal proposito G. Zarri (a cura <strong>di</strong>), Donna, <strong>di</strong>sciplina, creanza cristiana dal XV al XVII<br />
secolo: stu<strong>di</strong> e testi a stampa, Roma, E<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Storia e Letteratura, 1996.<br />
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