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SteveGraziani_Troppi Clienti per un Negro - descrittiva

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Essere <strong>un</strong> buon investigatore non è facile, aiutare gli altri a sopravvivere ed essere<strong>un</strong> uomo è ancora più difficile. Volevo sistemare i miei molti casi prima di morire..Era sera quando riuscii a infilare la chiave nella serratura del cancello di casa. Ivoroe Gao si avvicinarono affettuosi <strong>per</strong> strusciarsi sulle gambe. Nhialik e Segbo,appollaiati sull’alberello d’arancio non aprirono neanche gli occhi.Il portoncino cigolò l'odore di chardonnay mi accolse assieme a L<strong>un</strong>a, che s’eraass<strong>un</strong>ta il ruolo di portiera.Ness<strong>un</strong> ospite venne a reclamare cibo, quelle erano le regole, ma tirai fuori da <strong>un</strong>cassetto <strong>un</strong>a busta di croccantini e li bagnai di latte.Waka, Ruhanga, Mwari e Mur<strong>un</strong>gu si avvicinarono lentamente e spizzicarono <strong>un</strong>po’ di cibo senza litigare.Me ne dovevo andare.Mi tolsi la giacca, ne considerai le condizioni e l’appesi sull'attaccapanni, poi tornaiin cucina, riempii d'acqua la pastaiola e la misi sul fornello. Ricordo distintamenteche pensai fosse <strong>un</strong>a bella cosa non avere la nausea.Spinsi il tasto "Messages" della segreteria telefonica e la voce squillante dellapreside Virili si diffuse nella stanza.“ Mi telefoni, ci sono novità.”“ Sono ancora la preside Virili… Perché non mi telefona?”In cucina trassi dal congelatore <strong>un</strong>a bistecca di cavallo e la depositai sulloscolatoio.In bagno mi lavai le mani ed osservai cosa mi aveva combinato col tacchetto suldorso.Avevo respirato troppo gas. Dovevo bere <strong>un</strong> po’ di latte, forse.Volevo trovare Kennedy e dargli <strong>un</strong> po' di soldi. Dovevo fare <strong>un</strong> abbonamento.Dovevo riuscire a saldare <strong>un</strong> po' di conti.Il mirino mi aveva procurato <strong>un</strong>o squarcio sulla tempia ma il sangue non scorrevapiù.Misi <strong>un</strong> po’ d’acqua nel lavandino e ci lasciai a bagno il fazzoletto.Mi disinfettai col mercurocromo, ma era <strong>un</strong>a ferita che valeva qualche p<strong>un</strong>to disutura. Per fort<strong>un</strong>a sapevo cucire.Finite in bagno le prime cure tirai fuori dalla scarpiera <strong>un</strong>a confezione di ghiaccioistantaneo e la colpii con <strong>un</strong> pugno. Anche questa stava diventando <strong>un</strong>’abitudine.Il freddo dava sollievo al dolore. Con la busta ghiacciata dietro sulla tempia mispogliai e provai a fare <strong>un</strong>a doccia senza bagnarmi il taglio.L’acqua prima calda poi fredda mi fece sentir meglio. Mi toccavo il porter semprecon <strong>un</strong>a certa cautela, allora. Mi sedetti nella vasca e la riempii d’acqua bollente.Rimasi <strong>un</strong> po’ a bagno e Modimo continuò a guardarmi dalla scarpiera, mentreRaluvhimba ancora più di compagnia mi faceva le fusa vicino alla vasca.Tornato in cucina tirai dal frigo la vaschetta col tartufo all’olio d’oliva e la vuotaitutta in <strong>un</strong>a piccola insalatiera.Stavo meglio, ora, con la busta ghiacciata che mi anestetizzava il dolore. Tiraifuori dal cassetto <strong>un</strong> Optalidon e lo inghiottii con <strong>un</strong> bicchier d'acqua, e preparaiquasi due etti di vermicelli sulla bilancia.Appoggiai l’insalatiera vicino alla fiamma del fornello e l’olio ghiacciato della

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