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SteveGraziani_Troppi Clienti per un Negro - descrittiva

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“ Va bene, ma con me in casa non corri ness<strong>un</strong> <strong>per</strong>icolo.”“ Se lavoreremo insieme, certe cose sulla mia pelle me le devi lasciar decidere a me.E poi, guarda che io miro a ferire, non ad uccidere <strong>per</strong> primo.”“ Bene! Gli diciamo “Mani in alto, in nome della legge”? o “Difenditi!” oppure“Prova ad estrarre <strong>per</strong> primo?”“Vedi che puoi fare. Sai come si dice in guerra, adesso? Se muoiono deve essere <strong>un</strong>aspiacevole conseguenza collaterale.”“ Mi fai la barba con <strong>un</strong>a lama senza filo!” ridacchiò “Ma possiamo cercare dicavarcela o dobbiamo morire al primo caso, se mai lavoreremo insieme?”Era disarmante.“ Possiamo provare a cavarcela.”“ Hai visto troppi film americani, Steve. Non credo che la tua religione miconvinca.”“Lo capisco”Dalla strada <strong>per</strong>fettamente asfaltata si apriva <strong>un</strong> sentiero stretto e tortuoso, che erastato asfaltato ma si presentava ora pieno di buche e sassi. La lingua intermittented’asfalto saliva verso le pendici del Soratte serpeggiando in mezzo ad arbustirinsecchiti.Fermai la macchina e l’altro scese avviandosi di buon passo. Proprio all’inizio delsentiero <strong>un</strong> vecchio segnale stradale dalla vernice scrostata, <strong>per</strong>icolosamenteinclinato faceva leggere appena le parole “Contrada Casa Rossa”.Kennedy Mwagona era sparito alla vista e cominciai ad avanzare lentamente sulsentiero, attento a schivare le pietre più app<strong>un</strong>tite e le buche. Ci misi qualche minuto<strong>per</strong> arrivare alla curva e mi apparvero improvvisamente dei recinti malmessi, tenuticol filo spinato; in <strong>un</strong>o c’erano due capre, negli altri due <strong>un</strong> puledro pelle e ossa e <strong>un</strong>maiale. Un canale d’acqua verdastra accompagnava la stradicciola e qualcheemissario stipato di canne, passava <strong>per</strong> i recinti.La strada dissestata continuava verso il Soratte, ma sulla sinistra <strong>un</strong>’altra strada,completamente sterrata, si dipartiva <strong>un</strong> po’ più larga di quella dove avanzavalentamente la mia macchina.In lontananza si vedeva la fattoria abbandonata, il capannone e i tralicci dellacorrente.Sentii <strong>un</strong>o sparo e il parabrezza della macchina andò in pezzi. Mi buttai sul sedileaccanto e spensi il motore mentre cercavo di disincagliare la nuova pistola dallatasca. Aprii la portiera e mi buttai rotolando nel canale d’acqua sporca. Un’altrosparo e <strong>un</strong>a pallottola colpì la portiera da cui ero appena uscito.Procedendo nell’acqua che mi arrivava alla cintola, arretrai di qualche metro e siprocurai <strong>un</strong>a prospettiva d’infilata attraverso le canne rigogliose.Il terzo sparo mi <strong>per</strong>mise di individuare il cecchino. Era <strong>un</strong>a donna, con <strong>un</strong> fucile ,inginocchiata dietro il silos dei mangimi in rovina. Troppo lontana. Non c’eratraccia di Kennedy Mwagona. Secondo me era ancora troppo lontano.Arretrai ancora, uscii dall’acqua maleodorante dietro la curva e raggi<strong>un</strong>si ilbagagliaio della macchina strisciando sul sentiero. Socchiudendo il cofano riuscii arecu<strong>per</strong>are sotto il tappetino la mia carabina da caccia .Tornai in acqua nel canale e mi riaffacciai tra le canne. Col fucile in mano la donnasi era alzata in piedi e, seminascosta dal silos cercava di capire se i suoi colpi erano

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