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SteveGraziani_Troppi Clienti per un Negro - descrittiva

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che si prese l’orlo dell’accappatoio in faccia.Fu <strong>un</strong>a bella doccia e lavò via <strong>un</strong> po' di impressioni dell'interrogatorio.Mentre mi asciugavo i capelli, giravo attorno alle telefonate che avevo trovato nellasegreteria telefonica.Attesi che l'acqua tornasse a bollire buttai finalmente dentro gli spaghetti. Uso lapasta De Cecco <strong>per</strong>ché mi piace molto al dente, quasi croccante.Aggi<strong>un</strong>si altro olio siciliano al tegame e lo feci scaldare.Tolsi le patate dall'acqua e le asciugai accuratamente. Dalle cartate stipate nel frigorecu<strong>per</strong>ai <strong>un</strong>a grossa salsiccia e la forai con la forchetta.L<strong>un</strong>a partecipava ai preparativi con i suoi occhi gialli impassibili, a distanza dicortesia.Scolai la pasta, al dente con <strong>un</strong>a schiumarola e la depositai nel piatto doval'aspettava il guanciale.Rimescolai nel piatto e cosparsi con abbondante pecorino di fossa, roba di Volpettia via Mormorata, <strong>un</strong> peccato mortale grattugiarlo, ma quello era il giorno adatto <strong>per</strong>i peccati, già avevo infranto il quinto comandamento..Prima di mettermi a mangiare tirai fuori il fiasco di vino della cantina sociale diVermicino e gettai la salsiccia nella pentola che avevo riempito d'acqua. Sgrassare<strong>un</strong>a salsiccia casareccia, aromatizzata di petartera, cioè al coriandolo, è <strong>un</strong>a dellepoche ipocrisie che mi <strong>per</strong>metto sempre in onore di mamma.Dopo la nottata passata al commissariato il primo boccone di pasta col guanciale,variante più semplice ancora della gricia, mi riconciliò, ingannevole, con la vita, ilsecondo quasi mi mise di buon umore.Modimo e Raluvhimba si acciambellarono sulle sedie accanto a me con l'esclusivaintenzione di fare e prendere compagnia, erano felini da compagnia. Gamab, daparte sua, mi passava tra le gambe disegnando incomprensibili itinerari nella cucina.Un bicchiere di Vermicino, erboso più che mai, e sospesi il rito della pasta, mi alzaie tirai fuori la salsiccia sgrassata dall'acqua, la spezzettai e la misi nell'olio bollenteinsieme alle patate.Scrutai il tegame poi presi da <strong>un</strong> cassetto il barattolo col finocchio selvatico <strong>per</strong> lapasta con le sarde e ne spolverai <strong>un</strong> po’ sopra le patate già aromatizzate.Soddisfatto tornai al tavolo, dove la pastasciutta aspettava e carezzai Modimo cheaveva cominciato a fare le fusa. Riusciva a fare <strong>un</strong> rumore forte, rassicurante con lefusa, Modimo, sembrava <strong>un</strong> trattore in pausa. Dopo qualche minuto le patate eranodorate e profumate. Le tolsi dal tegame e le misi a <strong>per</strong>dere <strong>un</strong>to su <strong>un</strong> foglio di cartapaglia che usavo come assorbente da cucina. E questa non era ipocrisia.Un altroricordo di mamma, che sgocciolava così le salsicce di mio padre, il sapore migliora.Mentre la salsiccia sbriciolata finiva di cuocere salai le patate col Novosal, volevostrafare col piacere, poi cominciai a mangiarle. Perfette. Un altro bicchiere di vino eattaccai la salsiccia. Le patate con qualsiasi cosa vengono così cuone che ,poi, nonsarebbe necessari mangiare il qualsiasi cosa.Dopo <strong>un</strong> po’ stavo notevolmente meglio. Stavo bene.Era il caso di prendere subito <strong>un</strong>a mezza pasticca extra di Triatec <strong>per</strong> la pressione, ecosì la presi, col sapore del sale sulle labbra. In fondo, come mi hai detto, l’ipocrisiaè <strong>un</strong> omaggio che il vizio fa alla virtù. La .Rocheoucauld.

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