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La Porta, <strong>quaderno</strong> secondo 41<br />
consapevolezza della transitorietà temporale, dividendovi<br />
in mille personalità contrapposte, delegando in tal modo<br />
alla morte il dominio per la gestione della costruzione e<br />
disintegrazione della vostra materia corporale.<br />
Anche Don Juan Matus spiega mirabilmente a Castaneda<br />
come “Per l’uomo comune la morte equivale alla<br />
conclusione della consapevolezza individuale, la quale<br />
colma delle esperienze di vita terrena, abbatte i propri<br />
confini e si riversa allora, in forma di energia, nell’oscuro<br />
mare della consapevolezza”. Diceva poi come per lo sciamano<br />
esistesse una opzione. “Per uno sciamano la morte è<br />
un fattore unificante. Invece di disintegrare l’organismo,<br />
come le accade normalmente, la morte lo unifica”.<br />
Infatti, ricorderai come anche Mère nella descrizione<br />
delle proprie ricerche sui confini e limiti della morte,<br />
perfettamente descritte nella sua “AGENDA,” indica che<br />
è necessario “morire alla morte” per poterla dominare e<br />
trasferirsi su un piano di coscienza superiore, in quel mondo<br />
parallelo verso il quale l’intero vostro universo è ora<br />
indirizzato.<br />
“Per uno sciamano, la morte pone fine al predominio<br />
degli stati d’animo individuali nel corpo. Gli antichi<br />
sciamani credevano che fosse appunto il dominio delle<br />
diverse parti del corpo”, unificate in un unica individualità,<br />
“a determinare negli uomini la consapevolezza nella sua<br />
interezza; altrimenti le parti che diventano disfunzionali<br />
trascinano anche il resto nel caos, come succede per esempio<br />
quando si sta male per aver mangiato del cibo avariato.