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Segue la classificazione di Le Guern I • ORDINE ... - maria vita romeo

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Abramo non prese niente per sé, ma solo per i suoi servi. Così il giusto non<br />

prende niente dal mondo per sé, né dagli app<strong>la</strong>usi del mondo, ma solo per le sue<br />

passioni, <strong>di</strong> cui si serve come un padrone, <strong>di</strong>cendo a una: «Va e vieni» «Sub te erit<br />

appetitus tuu». Così dominate le sue passioni sono virtù; l'avarizia, <strong>la</strong> gelosia, <strong>la</strong><br />

collera, Dio stesso se le attribuisce. E sono virtù come <strong>la</strong> clemenza, <strong>la</strong> pietà, <strong>la</strong><br />

costanza, che sono anche passioni. Bisogna servirsene come <strong>di</strong> schiavi, e<br />

<strong>la</strong>sciando loro <strong>di</strong> che nutrirsi impe<strong>di</strong>re che l'anima si <strong>la</strong>sci coinvolgere. Perché<br />

quando le passioni dominano, esse sono dei vizi, e sono loro a nutrire l'anima, e<br />

l'anima nutrendosene si avvelena.<br />

516<br />

Chiesa, papa.<br />

Unità, moltitu<strong>di</strong>ne.<br />

Considerando <strong>la</strong> Chiesa come unità, il papa, che ne è il capo, è come il tutto;<br />

considerando<strong>la</strong> come moltitu<strong>di</strong>ne, il papa non è che una parte. I Padri l'hanno<br />

considerata a volte in un modo, a volte in un altro, per questo hanno par<strong>la</strong>to in<br />

modo <strong>di</strong>verso del papa.<br />

San Cipriano: «Sacerdos Dei».<br />

Ma fissando una <strong>di</strong> queste due verità non hanno escluso l'altra.<br />

La moltitu<strong>di</strong>ne che non si riduce all'unità è confusione. L'unità che non <strong>di</strong>pende<br />

dal<strong>la</strong> moltitu<strong>di</strong>ne è tirannia.<br />

Non c'è quasi più che <strong>la</strong> Francia dove sia lecito <strong>di</strong>re che il concilio è superiore al<br />

papa.<br />

517<br />

L'uomo è pieno <strong>di</strong> bisogni. Egli ama solo chi li può sod<strong>di</strong>sfare tutti. «È un buon<br />

matematico», si <strong>di</strong>rà, «ma io non so che farmene del<strong>la</strong> matematica; mi<br />

prenderebbe per una proposizione. È un buon soldato: mi prenderebbe per una<br />

fortezza asse<strong>di</strong>ata. È dunque necessario un ga<strong>la</strong>ntuomo che possa adeguarsi a<br />

tutti i miei bisogni in generale».<br />

Un vero amico è una cosa molto vantaggiosa, anche per i più gran<strong>di</strong> signori,<br />

perché possa <strong>di</strong>re bene <strong>di</strong> loro e li <strong>di</strong>fenda quando sono assenti, così che devono<br />

fare <strong>di</strong> tutto pur <strong>di</strong> averne. A patto che scelgano bene, perché se i loro sforzi<br />

ricadranno su degli stupi<strong>di</strong>, ciò non servirà a niente, per quanto bene <strong>di</strong>cano <strong>di</strong><br />

loro. Anzi non <strong>di</strong>ranno affatto bene se si trovano ad essere i più deboli, perché<br />

non avranno autorità, e così ne parleranno male per spirito <strong>di</strong> compagnia.<br />

‹Si vedano i <strong>di</strong>scorsi del<strong>la</strong> 2,4 e 5 del giansenista. Ciò è grave e serio.›<br />

‹O<strong>di</strong>o allo stesso modo il buffone e il tronfio.› Non si deve essere amici né dell'uno<br />

né dell'altro.

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