Immigrazione in Trentino 2003_Infosociale 7.pdf - Cinformi
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aree di <strong>in</strong>tervento (<strong>in</strong> primo luogo screen<strong>in</strong>g, e qu<strong>in</strong>di gravidanza, Ivg, contraccezione<br />
e puerperio/post-parto), mentre si nota una certa variazione nelle<br />
classi di età: la fascia delle ultraquarantenni, pur rimanendo marg<strong>in</strong>ale rispetto<br />
a quella 20-30 (pari al 45% del totale) e a quella 30-40 (34%), risulta cresciuta<br />
di ben 6 punti percentuali (16%). Non è difficile collegare questo dato con il<br />
profilo anagrafico diversificato, ma tendenzialmente meno “giovane” rispetto<br />
all’immigrazione già presente, delle aiutanti domiciliari straniere che sono<br />
recentemente uscite dalla condizione irregolare.<br />
Ricapitolando, il dato dell’elevata fruizione dei servizi sanitari pubblici, da<br />
parte degli immigrati <strong>in</strong> Trent<strong>in</strong>o, dà adito a molteplici <strong>in</strong>terpretazioni, non<br />
tutte coerenti tra loro. La prima, e più verosimile, è quella che guarda alla<br />
copertura dei servizi sanitari, ovvero alla capacità del sistema sanitario locale<br />
di <strong>in</strong>tercettare, <strong>in</strong> modo relativamente più efficace rispetto al panorama medio<br />
nazionale, i bisogni di assistenza della popolazione straniera; ci troveremmo<br />
più che altro di fronte, cioè, alla “auspicabile conseguenza di politiche tese a<br />
dare maggiore permeabilità alle strutture sanitarie pubbliche” (Caritas, <strong>2003</strong>).<br />
Una seconda chiave di lettura, complementare alla prima, si colloca sul versante<br />
della domanda sanitaria straniera: l’aumento dell’esposizione ai servizi<br />
sanitari, segnalato dai dati, sarebbe <strong>in</strong> qualche modo <strong>in</strong>dicativo di una m<strong>in</strong>ore<br />
“reticenza all’ospedalizzazione” degli stranieri <strong>in</strong> Trent<strong>in</strong>o, <strong>in</strong> concomitanza<br />
con un loro <strong>in</strong>sediamento più stabile e tutelato, rispetto agli anni Novanta, sul<br />
territorio locale. Gli stessi dati, però, si prestano a essere letti <strong>in</strong> una ulteriore<br />
prospettiva, più problematica, che richiederebbe la raccolta di <strong>in</strong>formazioni<br />
più specifiche e puntuali: la tesi – che è probabilmente fondata, ma andrebbe<br />
circoscritta a gruppi e stati patologici specifici, più che estesa agli immigrati<br />
tout court – secondo cui l’aumento degli accessi ai ricoveri e al pronto soccorso,<br />
con proporzioni relative maggiori dell’aumento di peso demografico<br />
degli stranieri, non testimonia altro che la persistenza di una maggiore fragilità<br />
sanitaria della popolazione straniera. Anche <strong>in</strong> un contesto locale <strong>in</strong> cui<br />
il “barometro dell’<strong>in</strong>tegrazione straniera” descrive un quadro relativamente<br />
positivo, cioè, non appaiono del tutto fuori luogo le conclusioni dell’ultimo<br />
Dossier della Caritas:<br />
I dati sanitari disponibili evidenziano un superamento delle situazioni di esclusione dai servizi<br />
da parte degli immigrati, ma <strong>in</strong>dicano anche una fragilità sociale di questa popolazione che,<br />
pur nella sua eterogeneità, mostra ambiti di sofferenza sanitaria (malattie da disagio, <strong>in</strong>fortunistica<br />
soprattutto sul lavoro, alto ricorso all’ivg, alcune malattie <strong>in</strong>fettive prevenibili...) <strong>in</strong> gran<br />
parte imputabile a <strong>in</strong>certe politiche di <strong>in</strong>tegrazione soprattutto <strong>in</strong> ambito locale, a difficoltà di<br />
accesso ai servizi, a problematiche relazionali-comunicative. (Caritas, <strong>2003</strong>)<br />
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<strong>in</strong>fosociale 7