Immigrazione in Trentino 2003_Infosociale 7.pdf - Cinformi
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un secondo momento diventano “sanitari”. (…) L’immigrato è spesso una fascia debole, che<br />
sa meno difendersi e che fa maggiormente le spese della mancata <strong>in</strong>tegrazione tra sociale e<br />
sanitario. Andrebbero cercate soluzioni sociali a s<strong>in</strong>tomi sanitari, altrimenti si crea un circolo<br />
vizioso: il sociale che amplifica i problemi sanitari. (cit. <strong>in</strong> AA.VV., 2002a, p. 2)<br />
La centralità dell’area materno-<strong>in</strong>fantile. Nell’ambito degli <strong>in</strong>terventi sanitari<br />
rivolti agli immigrati, quelli <strong>in</strong>dirizzati alla fascia materno-<strong>in</strong>fantile assumono<br />
una rilevanza peculiare. Non solo per la condizione di relativa vulnerabilità<br />
di queste parti della popolazione immigrata, ma anche per il ruolo di “mediazione<br />
strategica” tra famiglia, comunità e società ospitante che le donne e i<br />
m<strong>in</strong>ori possono assumere; e, prima ancora, perché fasi delicate e “culturalmente<br />
sensibili” come la gravidanza, il parto e la riproduzione corrispondono<br />
ai momenti di più stretto contatto – anche nei loro eventuali risvolti critici,<br />
come l’elevato ricorso straniero alle Ivg (specie <strong>in</strong> alcuni gruppi nazionali)<br />
– tra utenza immigrata e operatori della sanità.<br />
Difficoltà di <strong>in</strong>vestire sulla prevenzione. I percorsi di promozione della salute,<br />
anche nei contesti locali più sensibili alle esigenze dell’utenza straniera,<br />
devono spesso fare i conti con difficoltà aggiuntive rispetto alla popolazione<br />
autoctona, legate sia a variabili culturali (come la diffidenza e le diverse<br />
visioni della “cura”, ma anche l’abitud<strong>in</strong>e a <strong>in</strong>terfacciarsi con i servizi soltanto<br />
per necessità immediate), sia a variabili di tipo strutturale (come l’<strong>in</strong>stabilità<br />
abitativa, o la maggiore esposizione degli stranieri a condizioni di vita deterioranti).<br />
Effetti della nuova legge. Al di là delle specifiche questioni sanitarie, emerge il<br />
rischio che l’impostazione repressiva della nuova L. 189/2002 (che pure non<br />
ha implicazioni dirette per la sanità) ostacoli la transizione <strong>in</strong> corso (e, nella<br />
realtà locali più d<strong>in</strong>amiche, ormai compiuta) da un approccio sanitario emergenziale,<br />
a uno di più ampio respiro e progettualità, nei confronti dell’utenza<br />
immigrata. Il rischio, <strong>in</strong>somma, che – per una generale “precarizzazione”<br />
delle condizioni di vita del cittad<strong>in</strong>o straniero – si “ritorni <strong>in</strong>dietro” anche sul<br />
versante dell’accesso alla sanità pubblica.<br />
Nel panorama nazionale, secondo le ultime rilevazioni statistiche disponibili<br />
(M<strong>in</strong>istero della Salute, 2002), il caso trent<strong>in</strong>o presenta livelli di ospedalizzazione<br />
degli stranieri alquanto al di sopra della media dell’Italia settentrionale,<br />
che risulta a sua volta assai più elevata del dato medio nazionale; un<br />
trend, questo, che non stupisce, dal momento che l’immigrazione straniera<br />
è tendenzialmente più stabilizzata, e relativamente meglio <strong>in</strong>serita nel<br />
sistema dei servizi pubblici (compresi quelli sanitari), nell’Italia del centronord.<br />
All’<strong>in</strong>izio del nuovo secolo, secondo lo studio citato, il tasso di ospedalizzazione<br />
straniero – pur con le forti differenze ragionali di cui si è detto – risultava<br />
pari a 140 ricoveri ogni mille abitanti, ossia al 14% (con un’<strong>in</strong>cidenza più<br />
elevata, tuttavia, nel caso trent<strong>in</strong>o, che due anni più tardi avrebbe toccato il<br />
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<strong>in</strong>fosociale 7