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Un’odissea de rimas nobas 167<br />
qui ci propone è un discorso interiore di limpida intelligenza e di<br />
trasparente purezza: non per questo, però meno inquieto e turbato”,<br />
e concludeva, “La verità è la sua poesia non si giustifica se<br />
non come un messaggio che initerrottamente si riporta a un polo<br />
molto alto di confessione, di riflessione esistenziale”.<br />
Per questi poeti, come per quelli successivi, l’orizzonte è, in<br />
genere e ancora, quasi esclusivamente quello italiano, l’aspirazione<br />
ad essere riconosciuti non nell’Isola ma altrove, in terra<br />
manna. Non esiste la consapevolezza del problema dell’identità<br />
anche quando condividono la medesima sensibilità per la condizione<br />
dell’isola e avvertono urgente l’esigenza politica dell’autonomia.<br />
Alcuni di loro tuttavia sono stati in grado di convertirsi<br />
all’impiego della lingua sarda e costituiscono quel nucleo consistente<br />
di una produzione bilingue che consente di parlare di un<br />
vero e proprio bilinguismo letterario. Molti di questi autori appartengono<br />
alla generazione che ha trovato una palestra di grande<br />
prestigio letterario nella rivista dell’immediato primo dopoguerra,<br />
“Riscossa”, diretta da Francesco Spanu Satta e aperta,<br />
mediante la collaborazione di Giuseppe Dessì, ad una interazione<br />
nazionale. Straordinario è infatti il numero degli intellettuali<br />
di rilievo che vi collaborano dall’interno e dall’esterno dell’Isola,<br />
da Calogero a De Ruggero a Bassani a Varese a Caretti Ragghianti<br />
a Roncaglia.<br />
Molto promettente era apparso, a metà degli anni Quaranta,<br />
l’esordio poetico di Giovanni Floris (Tempio 1921 - Roma<br />
1982) con Poesie (1945), presentate da Giuseppe Dessì che ne<br />
riconosceva “il livello letterario e talune fulminee accensioni di