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Un’odissea de rimas nobas 235
le e linguistica, oggi di frontiera, come quella ciadiana era, almeno
dal mio punto di vista, sostanzialmente questa.
La costituzione della Repubblica del Ciad prevedeva
l’impiego di tre lingue: una locale, quella materna, e il francese
e l’arabo. La classe dirigente ciadiana, specialmente quella universitaria,
composta da umanisti, in particolare di linguisti, ha
assorbito dalla linguistica odierna le acquisizioni e le istanze
più avanzate, come si ricava dalle scelte di un plurilinguismo
di lingue locali verso il francese e l’arabo.
Il problema linguistico permane tuttavia in Ciad abbastanza
arduo in quanto esiste una frantumazione di etnie e quindi
di lingue, ed è quindi difficile capire in che misura tale scelta
possa essere politicamente supportata. Certo appare scontata,
almeno a livello scientifico, la coscienza che la vera strada da
percorrere è quella che porta dalle lingue locali alle altre lingue
poiché, in questo modo, è possibile trasferire gli antichi saperi,
compendiati in quelle lingue, nelle nuove lingue di adozione.
Osserviamo perciò una situazione che può essere raffrontata
a quella della Sardegna, se si pensa alla attuazione della Legge
sulla tutela e valorizzazione della lingua sarda. Il vantaggio
che la situazione del Ciad presenta è che le lingue delle varie
etnie servono ancora i bisogni comunicativi fondamentali interni
alle comunità, laddove l’impiego del sardo ha perso ormai
abbastanza questo ruolo.
L’esperimento scolastico che era stato sottoposto alla mia
attenzione di studioso della comunicazione letteraria era quello
della Ecoles communitaire, in tutto dieci scuole che servono i