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Un’odissea de rimas nobas 67
correttori di bozze e, si immagina, una discreta disponibilità di
risorse finanziarie, tuttavia in molti casi propone al lettore una
edizione e una cura del testo non molto dissimile da quella che
si dedica normalmente ad una collana di “varia”. Essa è graficamente
ineccepibile, presenta volumi tascabili con belle copertine
cartonate e tuttavia, come formato, soffre ugualmente
di un nanismo di poco superiore a quella di Della Torre. È nel
complesso un’operazione editoriale di rilevante, di sicuro richiamo
e successo commerciale rispetto a tante altre, ma che si
basa ancora su un impianto teorico di vecchio stampo, su una
concezione della letteratura datata, soprattutto perché considera
la letteratura in lingua sarda come una appendice della letteratura
italiana e attribuisce lo stesso ruolo che tradizionalmente
viene attribuito alla letteratura dialettale. Il rischio, così facendo,
è quello di perpetuare una concezione della letteratura
sarda che già non corrisponde al livello di consapevolezza odierno.
Il sistema linguistico e letterario sardo, come sistema
altro rispetto a quello italiano, è sempre stato, come tale, indipendente
e contiguo ai vari sistemi linguistici e letterari che
storicamente si sono avvicendati nell’isola, da quello latino a
quello catalano e castigliano e, per ultimo, a quello italiano,
con tutte le interferenze e le complicazioni che una simile condizione
storica comporta. Una situazione insomma, davvero
complessa, e propria di una antica regione dell’Europa.
La costituzione di un corpus dei vari testi, non solo letterari,
degli scrittori sardi affrontato con questo impianto teorico e
con un deciso impegno scientifico ha bisogno della formazione