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Un’odissea de rimas nobas 219
affinché a confronto con i saperi delle lingue dell’inculturazione
possano favorire la crescita democratica e lo sviluppo culturale e
sociale delle singole comunità. Ciò favorirebbe una presa di coscienza
che può assecondare l'uscita progressiva dalle chiusure
tribali ed etniche e portare verso una integrazione che ne garantisca
però l'identità. È possibile quindi ipotizzare un futuro in cui
antropologia, linguistica e filologia concorrano a fissare i lori codici
culturali e ad operare in modi che la loro diversità si risolva
in un acquisto per tutti. Si potrebbe contribuire così a costituire
quella specie di sociosfera, di pellicola culturale, in questo caso
letteraria che consente una comunicazione privilegiata che non
lasci questi soggetti completamente succubi della lingua veicolare
delle televisioni e dei media in genere.
Se questo è il problema con i suoi complessi risvolti di natura
politica e sociale è facile immaginare quali possano essere i compiti
dei nostri studiosi e della nostra scuola nel momento in cui
si dovesse attuare un insegnamento che muova proprio «dalla
soglia di casa» e sia in grado di proporre lo studio del sottoinsieme
culturale e letterario locale considerato in relazione a quello
via via sempre più allargato, nazionale, europeo e mondiale.
Su questa base occorre dare spazio anche alle culture che provengono
da universi culturali e linguistici altri. E se la coscienza
di questi fatti fosse viva nei nostri studiosi e nei nostri insegnanti
non dovrebbe mancare nei loro confronti un atteggiamento di
grande attenzione e rispetto nel momento che, a tutti gli effetti,
divengono cittadini dello Stato del quale hanno scelto di far parte.
Così che questo, come è avvenuto nel resto dei grandi stati