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88<br />

NICOLA TANDA<br />

società sarda nel tentativo di comprendere le ragioni della scarsa<br />

incidenza della letteratura, prodotta in <strong>Sardegna</strong> in italiano,<br />

nel sistema della letteratura nazionale. Le ragioni venivano individuate<br />

nelle difficoltà che gli scrittori incontravano nel trasferire<br />

il proprio vissuto, che si era costituito in lingua sarda,<br />

vera matrice della propria lingua poetica, in una lingua, sostanzialmente<br />

di inappartenenza, molto spesso appresa in maniera<br />

scolastica e libresca. Era possibile, del resto, individuare<br />

nella loro prosa la difficoltà di impiegare, con equilibrio, i vari<br />

registri linguistici. Questa discrasia aveva impegnato e impegnava<br />

a fondo gli scrittori in modo non sempre consapevole<br />

fino a quando il problema costituito dalla compresenza di lingua<br />

italiana e lingua sarda, documentato già in quella antologia,<br />

da una serie di testi di poeti, non aveva trovato una più<br />

precisa presa di coscienza teorica e critica, grazie ai continui<br />

progressi di una letteratura in lingua sarda prodotta dal Premio<br />

Ozieri e dai premi sorti nel frattempo, che avevano creato una<br />

possibilità di effettivo interscambio tra le esperienze letterarie<br />

nelle due lingue. L’antologia, concepita nell’ambito di una collana<br />

che si proponeva di rendere conto delle diverse realtà letterarie<br />

regionali, prendeva l’avvio dagli scrittori di fine Ottocento<br />

e dei primi del Novecento e trovava il punto cardine di<br />

una storiografia letteraria regionale nella Deledda e i suoi canoni<br />

nelle opere di Lussu, di Gramsci, di Dessì e di Cambosu.<br />

Venivano quindi registrate le esperienze del primo dopoguerra,<br />

quelle di Franco Solinas, Francesco Masala, Maria Giacobbe,<br />

Giuseppe Fiori, Paride Rombi, Giuseppe Zuri (pseudonimo di

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