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Un’odissea de rimas nobas 177
lezza nel gruppo di questi poeti con Canto per un capro che era
entrato nella cinquina del Premio Dessì del 1986. L’arte ha a che
fare spesso col sacrificio del sangue poiché è trasfigurazione e catarsi
del male nella lucidità dolorosa della meditazione stessa della
morte che non è rassegnazione ma domanda incessante e pietosa
del perché della tragedia. Nel misurarsi in estenuanti corpo
a corpo con i demoni la parola tende a diventare divina, preghiera,
come nella preghiera dei chassidim. Con la raccolta Amarante,
infine, è giunto al Premio speciale Dessì nel 1994. Dettori ha
tradotto Saint John Perse, Seferis e Kavafis e altri che rappresentano
punte notevoli della ricerca poetica contemporanea. Tali
frequentazioni non potevano non maturare chi, come lui, crede
fino in fondo nella letteratura. Soprattutto si è misurato con l’io
novecentesco e con le sue diramazioni post-ermetiche per giungere
ad una sorta di visione oggettiva che scaturisce dalla natura
stessa. Si è confrontato insomma con la tradizione millenaria dei
neogreci, che è alle origini della poesia occidentale. E poiché la
nostra isola appartiene a questo contesto mediterraneo egli si
tiene ben saldo a questo cordone ombelicale per distillare lapidarie
sentenze sull’esserci e sulla vita di cui il dolore lo ha reso esperto.
Orlando Biddau (Fiume 1938) ha pubblicato da poco
L’inverno inconsolabile (Sassari 1991) che conclude le due precedenti
raccolte, L’anima degli animali e Le verdi vigilie, che recavano
rispettivamente la prefazione di Carlo Bo e di Antonio
Sanna. Al “Premio Ozieri” si era fatto notare per l’azione innovatrice
delle sue poesie in lingua sarda che attendono ancora di
essere raccolte. Colpiva fin da allora, la frequentazione della poe-