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Un’odissea de rimas nobas 193<br />

abbandona alla retorica del dolore ma sa mobilitare immagini<br />

fresche e un originale senso del ritmo. Leonardo Sole (Osilo<br />

1934), nella raccolta Licheni rossi - Poesie bilingui (1995), si<br />

interroga sulla labile presenza dei segni dell’esistenza per coglierne<br />

il senso e il significato. La sua lingua poetica smaliziata<br />

e matura evita gli ingorghi del sentimento e attraversa lo spazio<br />

della consapevolezza sempre in bilico tra lo scacco della ragione<br />

e l’oscura impenetrabilità dell’esistere. In Katabasis (1994),<br />

una raccolta in italiano affiorano “tra bisbigli dell’Es”, in sillabati<br />

versicoli, gli elementi del repertorio della discesa<br />

nell’angoscia del non esserci e tra gerundi e sperimentalismi si<br />

mima il linguaggio orfico novecentesco. Giovanni Fiori (Ittiri<br />

1935), indica in Camineras (1986) un percorso che con sguardo<br />

e passo sicuro lo conduca fuori dai rischi delle lusinghe degli<br />

amici ipocriti e delle placide onde lontane verso il futuro di<br />

mete indicate dalle vette più alte della propria terra e del proprio<br />

orizzonte e sia pure carico di dubbi creativi approda a un<br />

fulmineo intrecciarsi di mani leali. La lingua poetica di Fiori<br />

riesce ad aprirsi percorsi di senso nuovi che attraversano la tradizione<br />

in ogni direzione. Tonino Mario Rubattu (Lindos Rodi<br />

Egeo 1938), ha condensato in Lagrimas e isperas (Sassari<br />

1982) l’esperienza lirica del poeta che ha cercato nuove aperture<br />

alla poesia sarda attraverso le traduzioni che vanno da Omero<br />

a Garcia Lorca passando per l’ermetismo e il surrealismo. La<br />

giunzione dei sostantivi inclusi nel titolo assurge a metafora di<br />

una terra di antica civiltà che misteriosamente ha consentito ai<br />

Sardi di attraversare i millenni tra la speranza e il dolore senza

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