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Un’odissea de rimas nobas 87<br />

Occorre, subito dopo, rendere conto del gruppo che si radunava<br />

intorno alla rivista “Ichnusa” di Antonio Pigliaru e che<br />

si proponeva di allargare e approfondire la riflessione sulla<br />

nuova cultura che maturava nella società sarda. Nonostante il<br />

gruppo redazionale tendesse a sviluppare gli spunti che offrivano<br />

le osservazioni e le considerazioni di Gramsci, il punto di<br />

vista e l’ottica restavano però incentrati, per quel che riguarda<br />

la letteratura, sulla produzione in lingua italiana. Nel numero<br />

dedicato nel 1960 a La giovane narrativa sarda, Manlio Brigaglia,<br />

nell’editoriale, prendeva spunto da alcune indicazioni di<br />

Raffaele Crovi, comparse su “Il Menabò”, per prospettare una<br />

narrativa tesa a “rappresentare la società da cui nasce per salvarne<br />

i valori umani concorrendo a denunciare o a distruggere<br />

tutto quello che in essa va contro la storia e indicandone contemporaneamente,<br />

le direzioni per un suo riscatto alla dignità<br />

civile”. In questo quadro presentava cinque autori che erano<br />

stati segnalati dalla commissione del Premio Deledda, nella<br />

quale l’ottica esterna era prevalente, perché composta da Marino<br />

Moretti, Bonaventura Tecchi, Giuseppe Ravegnani, e dai<br />

sardi Giuseppe Dessì e Mario Ciusa Romagna. Gli autori sono<br />

Antonio Cossu, Giulio Cossu, Giuseppe Fiori, Michelangelo<br />

Pira, Mariangela Satta. Tutti scrittori che hanno avuto in seguito,<br />

e, taluni con esiti di grande rilievo, una carriera letteraria.<br />

Il numero della rivista è del 1960 ma già nel 1965 viene<br />

fatto un tentativo di sistemazione critica da Giuseppe Dessì e<br />

Nicola Tanda nell’antologia, Narratori di <strong>Sardegna</strong>. In essa veniva<br />

posto in primo piano il problema del bilinguismo della

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