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NICOLA TANDA<br />
marinare, di Pisa prima, fino alla battaglia della Meloria, e poi di<br />
Genova, era entrata nella sfera dei regni iberici che facevano parte<br />
della Confederazione dei Regni di Aragona prima e di Aragona<br />
e di Castiglia poi. La lingua dei giudicati era un volgare sardo,<br />
quello di cui parla Dante nel De vulgari eloquentia, impiegato,<br />
come si è detto, nell'uso scritto assai prima dei volgari italici. La<br />
produzione e la circolazione letteraria in <strong>Sardegna</strong> è stata perciò<br />
sempre in lingua sarda e al tempo stesso sempre in più lingue.<br />
Gli umanisti sardi impiegano il latino, il catalano, il castigliano e<br />
l'italiano. Sostanzialmente perciò l'orbita in cui gravita la <strong>Sardegna</strong><br />
è quella dei regni iberici, prima quella di Barcellona e poi<br />
quella di Madrid. Ancora nel 1820, a cento anni dall'arrivo dei<br />
Savoia e dei Piemontesi, le riunioni delle Comunidad vengono<br />
verbalizzate in lingua castigliana. Le lingue impiegate nell'Isola<br />
pertanto sono almeno quattro e talora cinque: sempre la lingua<br />
sarda, usata dal popolo, il latino dai dotti, il catalano prima e il<br />
castigliano poi, spesso il francese dagli illuministi e dalla corte<br />
degli stessi Savoia, l'italiano, infine promosso insieme al sardo,<br />
dalla monarchia sabauda che adotta un inno nazionale in lingua<br />
sarda, Cunservet Deus su Re, fino al Referendum repubblicano. I<br />
Savoia impiegano tatticamente una politica linguistica del doppio<br />
binario sardo - italiano, intanto per rafforzare il rapporto col<br />
popolo che parlava esclusivamente il sardo, e poi di promozione<br />
dell'italiano perché sostituisse progressivamente l'uso generalizzato<br />
del castigliano nelle scuole e negli uffici. Nel ventennio fascista<br />
viene attuata una politica rigidamente nazionalistica a favore<br />
dell'italiano che ha molto nuociuto alla comunità sarda,