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NICOLA TANDA
che non si era realizzata, la poesia cioè dalla non poesia;
dall’altra parte, se ammettiamo che l’intuizione poteva corrispondere
all’atto di parole, dobbiamo riconoscere che mancava
il necessario rapporto dialettico con la langue. Questa assenza
di un rapporto dialettico tra l’atto comunicativo del singolo e
il codice, cioè il rapporto con la storia, cioè con la società, metteva
in crisi gli storici dell’arte e, in particolare Lionello Venturi
che aveva compendiato le sue conclusioni nel volume Critica
del gusto che abbiamo già citato.
Del resto, Venturi e Sapegno, provenivano da Torino, da
un ambiente in cui avevano operato Piero Gobetti, Antonio
Gramsci, Carlo Levi, Federico Chabod che aveva ridefinito in
termini nuovi il concetto di nazione distinguendolo da quello
nazionalistico del passato. Si deve considerare inoltre che Venturi,
che aveva una formazione europea, aveva teorizzato l’arte
primitiva e aveva studiato e fatto conoscere i Primitivi senesi,
mettendoli sullo stesso piano dei grandi dell’arte rinascimentale
e barocca. Il discorso dei primitivi, collegato al discorso della
Secessione nelle arti e delle Avanguardie, gli aveva offerto la
chiave per comprendere l’arte contemporanea. Una chiave che
chiariva il passaggio dal Positivismo al Simbolismo poiché la
cultura positivista si era espressa nell’arte del naturalismo,
mentre la cultura post-positivista aveva prodotto l’arte del
Simbolismo e del Decadentismo tanto censurato e deprecato
sia dai critici crociani che ideal-marxisti.
La censura e la conseguente incomprensione critica
dell’arte simbolista o decadente dalla quale scaturiscono, più