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Un’odissea de rimas nobas 191<br />
dei sogni. Il suo analogismo si è spesso risolto in sequenze di<br />
martellanti similitudini. Nel suo campidanese ha rintracciato<br />
suggestioni antiche e moderne, ha stabilito percorsi semantici<br />
che dalle anafore e dalle iterazioni proprie del compianto funebre<br />
riescono a costruire, nella catena di assonanze, una proliferazione<br />
di senso che struttura la lirica. Recentemente Pisanu<br />
ha pubblicato in italiano Ci sarà pure un treno (1997) nel quale<br />
“si innestano altre tematiche come quelle dell’infanzia paesana,<br />
degli affetti familiari, dell’emigrazione e della morte”<br />
(Sonis). Seguono e si alternano in tempi diversi numerosi altri<br />
autori di livello letterario sicuro che ancora nella palestra del<br />
Premio Ozieri hanno avuto il loro battesimo o hanno affinato<br />
i loro strumenti espressivi. Sono tanti e si corre il rischio di<br />
non poterli citare tutti, anche limitandosi a prendere in considerazione<br />
quelli che hanno pubblicato almeno una sola raccolta.<br />
Si possono fare i nomi di Angelo Dettori (Rizolos cristallinos<br />
1977), Foricu Sechi (A coro in manu, 1977), Salvatore Farina<br />
(Cantigos), Monserrato Meridda (Pensieri vergini 1978),<br />
Girolamo Zazzu (Poesias, contados e indevinzos, 1984).<br />
Nell’area logudorese nuorese, Franceschino Satta (Nuoro<br />
1919) ripercorre i ricordi della propria comunità usando con<br />
maestria i procedimenti tradizionali e nuovi in Cantos de amistade<br />
(Nuoro 1983) e piega, in Ispadas de sole (Cagliari 1992),<br />
la sua lingua poetica nuorese, costruita con accorte giunzioni<br />
di metafore e ossimori inusuali, a esprimere l’angoscia di un<br />
retaggio amaro di rancori e di odio mai sopito. Quel che certo