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NICOLA TANDA
letteratura che, tutto sommato, lasciavano emergere l’idea di
una letteratura costituita di sottoinsiemi regionali. Veniva accolta
di fatto la linea proposta dal Dionisotti senza tuttavia
approfondire la situazione linguistica dei diversi sottoinsiemi
regionali, come si rileva nel caso sintomatico del saggio che
riguarda la letteratura in Sardegna.
Ma, a questo punto, forse conviene che spieghi meglio, il
percorso che mi ha portato alla posizione teorica attuale che è
il risultato appunto della mia esperienza di studioso e di docente
sardo che ha dovuto interagire col modello storiografico
nazionale, con un approccio regionale specificamente linguistico.
Un modello più adatto certamente a una regione a statuto
speciale ma adattabile altrettanto bene anche a quelle a statuto
ordinario che presentano letterature nei diversi dialetti.
Senza dubbio, nella mia formazione, era stata decisiva la
scelta di iscrivermi e laurearmi nella Facoltà di Lettere
dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma degli anni Cinquanta
dove avevo discusso con Natalino Sapegno e con Giuseppe
Ungaretti una tesi sull’opera di Vasco Pratolini. In questo ambito
avevo potuto frequentare gli scrittori più interessanti di
quegli anni, dallo stesso Pratolini a Carlo Bernari, a Giuseppe
Dessì, a Giorgio Bassani a Guglielmo Petroni e a Niccolò Gallo,
che divenne direttore della collana dei ‘Narratori italiani’ di
Mondadori e con il quale firmai il numero unico della ‘Fiera
Letteraria’ dedicato a Bernari.