<strong>La</strong> storiae l’evoluzionedella figuradel mediatorein Italia:dalla fasedella sperimentazione,a quella dellaformazione,fino alladiffusionedei servizisul terr<strong>it</strong>orioSulla figura del mediatore in Italiamediazione culturale in Italia, con particolare riferimento allas<strong>it</strong>uazione piemontese, Franca Balsamo individua quattroperiodi. “Il primo periodo è quello della sperimentazione e della‘creativ<strong>it</strong>à’; a questo è segu<strong>it</strong>o un secondo periodo di sviluppo dellivello formativo (cento corsi fioriscono); il terzo periodo (chein certa misura si sovrappone a quello precedente) è quellodella diffusione e del silenzio-isolamento; il quarto è quello dioggi, quello in cui si apre una nuova azione autonoma verso lacost<strong>it</strong>uzione di una categoria professionale” (Balsamo 2006, p. 71).Il primo periodo (della “creativ<strong>it</strong>à”) è, secondo la Balsamo,contemporaneamente un’epoca di sperimentazione sul terrenoe di elaborazione teorica. Nel momento in cui i mediatoricominciano a operare nei servizi fioriscono una plural<strong>it</strong>à didefinizioni e di interpretazioni più o meno ristrette: dal mediatorecome mero interprete linguistico al mediatore come informatoree traduttore delle regole in una logica di inclusione socialeassimilatoria fino a letture più profonde di tale figura. “Il sensopiù forte e proprio della mediazione è stato comunque, a mioavviso, quello dell’interpretariato culturale dei bisogni. Poichéi bisogni […] sono cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i socialmente e culturalmente all’internodi diverse tradizioni e contesti socio-ambientali, il/la mediatriceculturale reinterpreta sostanzialmente i bisogni, ne evidenzia esostanzia la leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à (non riconosciuta in contesti culturalidiversi), alla luce dei codici culturali e comportamentali entro cuisi generano e mette in evidenza anche attraverso la decodificaculturale delle risorse che gli immigrati esprimono, non semprevisibile agli operatori. […] Il mediatore/la mediatrice, in questainterpretazione, rende agibili i dir<strong>it</strong>ti sostanzialmente, non soloformalmente” (Balsamo 2006, p. 73). Il mediatore viene vistoanche come agente di cambiamento, trasmett<strong>it</strong>ore di culture,promotore dei dir<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici, sindacali, sociali. “Periodo dunque disperimentazione di progetti […] che si coniugavano anche conla riflessione e dove pratiche, prospettive teoriche e pol<strong>it</strong>ichesi tenevano intrecciate insieme” (Balsamo 2006, p. 75).Il secondo periodo è stato quello dell’investimento in formazione.Se la prima formazione aveva coinvolto le migliori risorse terr<strong>it</strong>orialimettendo insieme associazioni, ist<strong>it</strong>uti di ricerca e univers<strong>it</strong>à,successivamente si è assist<strong>it</strong>o a una proliferazione di agenzieformative impegnate in quest’amb<strong>it</strong>o senza che vi fosse un’adeguataverifica della qual<strong>it</strong>à della formazione. Durante questa faseanche le univers<strong>it</strong>à, all’interno del loro percorso di autonomia,hanno cominciato a proporre percorsi formativi per mediatoriculturali. I due tipi di percorsi formativi (quello delle agenzie equello univers<strong>it</strong>ario) hanno segu<strong>it</strong>o strade separate e parallele,Dialogo interculturalelibertàcivili2011 luglio-agosto105
Dialogo interculturaleSulla figura del mediatore in Italiasalvo rarissime occasioni in cui si sono incrociati e integrati.Il terzo periodo, sempre secondo Franca Balsamo, è quellodella diffusione della mediazione sul terr<strong>it</strong>orio e nei servizi, maal tempo stesso dell’“isolamento”. “All’aumento del numero deimediatori presenti sul terr<strong>it</strong>orio corrisponde tuttavia il loroisolamento: fin<strong>it</strong>o il periodo formativo i singoli operatori(mediatori culturali) si trovano ‘buttati’ nei servizi senza nessunprogetto che preveda un periodo (e risorse, di denaro e d<strong>it</strong>empo) dedicate all’aggiornamento, alla riflessione sul lavoro,al coordinamento, alla valutazione, allo sviluppo di quellemicro-reti tra i servizi che proprio grazie alla presenza delle/deimediatori si erano attivate nei primi progetti sperimentali. Nessunpercorso di accompagnamento e di formazione permanente èprevisto” (Balsamo 2006, p. 77). I mediatori vengono quindilasciati a loro stessi senza avere occasioni di confronto e diriflessione sul proprio lavoro. Ciò impedisce al mediatore diessere un professionista pienamente riflessivo (Schön 1993)producendo frustrazione e atteggiamenti routinari che inibisconoquella “spinta creativa e trasformativa che inizialmente erastata il sogno da realizzare” (Balsamo 2006, p. 78).libertàcivili1062011 luglio-agosto