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La città interetnica - libertacivili.it

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Musica e migranti<strong>La</strong> musica accompagnavaanche gli <strong>it</strong>alianiche lasciavano il Bel Paeseverso il sogno americano,e più di recente, i meridionaliche andavano al Nordad Odoardo Spadaro con “la porti un bacione a Firenze che l’èla mia c<strong>it</strong>tà, che in cuore ho sempre qui; lavoro sol per rivederlaun dì, son figlia d’emigrante per questo son distante; lavoroperchè un giorno a casa tornerò, la porti un bacione a Firenzese la rivedo glielo renderò...”.Se questa era la musica della malinconia che inev<strong>it</strong>abilmenteaccompagnava ed accompagna chi è costretto a lasciare i propriaffetti, nei primi anni Settanta “<strong>La</strong> ballata di Attilio”, cantata daFranco Trincale, ricorda le tragedie dei migranti <strong>it</strong>aliani nelleminiere belghe di Marcinelle nel 1956 e nel corso dei lavori perla diga di Mattmark, nelle Alpi svizzere nel 1965 (“Se vuoi vederl’inferno, amico mio, vieni con me che ti ci porto io, si chiamaMattmark e Marcinelle”).Nemmeno la stagione dei complessi beat degli anni Settantaha ignorato il dolore e la fatica esistenziale di chi emigra, mirabilmentedescr<strong>it</strong>ta nella canzone di Albertelli e Soffici “Casa mia”cantata dall’Equipe 84 (“Torno a casa,siamo in tanti sul treno, occhi stanchi ma nelcuore il sereno; dopo tanti mesi di lavoro miriposerò; dietro quella porta le mie cose ior<strong>it</strong>roverò, la mia lingua sentirò, quel che dicocapirò...”) mentre i Ricchi e Poveri e JosèFeliciano, nella canzone “Che sarà” ci raccontanodel “Paese mio che stai sulla collina,lasciato all’abbandono, alla noia, al niente”con la triste annotazione che “gli amici sonquasi tutti via”. Sono gli anni in cui tre meridionali doc come MinoRe<strong>it</strong>ano, Al Bano e Marcella Bella ottengono un buon successocon brani (“L’uomo e la valigia”, “<strong>La</strong> siepe” e “Montagne verdi”)che descrivono l’addio, il ricordo e il sogno del r<strong>it</strong>orno di quantiper necess<strong>it</strong>à sono stati costretti ad andare via dalla terra natìa.In quegli stessi anni i famosi Led Zeppelin lanciano, con unsound marcatamente rock, “Immigrant song” il manifesto futuristadella nuova uman<strong>it</strong>à (“I’m here from a land - Sono qui da una terra- Far from my family - Lontano dalla mia famiglia - Brought onthe wave - Portato sull’onda - Of new opportun<strong>it</strong>y - Di unanuova opportun<strong>it</strong>à - Come and help the motherland - Vieni inaiuto alla madrepatria - Is what they said - È quello che hannodetto - Su<strong>it</strong>case in my hand - Valigia in mano - To a foreignland - Per una terra straniera).Anche il festival di Sanremo ha visto protagonisti attenti altema dell’immigrazione, dal trio Pupo, Paolo Belli e YoussouN’Dour con “L’opportun<strong>it</strong>à”, un brano il cui testo fa capire cosasignifichi “vivere l’essere diversi come un’opportun<strong>it</strong>à / benvenutoImaginariumlibertàcivili2011 luglio-agosto147

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