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La città interetnica - libertacivili.it

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Condividere il mondo: l’ab<strong>it</strong>are come via per l’intercultura<strong>La</strong> sfida della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong>potrebbe aiutare tutti noiad abbandonare l’ossessionedel pericolo per stimolarcia rigenerare l’immaginariodella nostra libertàÈ, per noi, un modo di affrontare la crisi e di immaginarenuovi paesaggi urbani, più mescolati e meno segregati. Non ècerto l’unico, né vuole porsi come un modello, ma solo comeun caso singolare che rende concreto a suo modo qualcosadi universale.Ci sono tanti altri esempi riusc<strong>it</strong>i di modi per rendere vivibili eab<strong>it</strong>abili le nostre c<strong>it</strong>tà multiculturali. Uno che conosco è quellodell’associazione dei gen<strong>it</strong>ori della scuolaelementare Di Donato all’Esquilino di Roma(raccontata in www.generativ<strong>it</strong>a.<strong>it</strong>) che hatrasformato un “problema” (l’arrivo massicciodi stranieri, soprattutto cinesi, nel quartiere)in una risorsa, usando la scuola come spaziocomune da valorizzare a beneficio di tutti efacendo le cose “con loro” e non “per loro”:lavorare per iI bene comune è interculturapratica e quotidiana, che non ha bisogno di manuali.Scrivono i geografi urbani che la c<strong>it</strong>tà per essere viva deveessere connessa (anziché una giustapposizione di spazisegregati) e trans<strong>it</strong>iva, ovvero percorsa e attraversata in tuttele sue direzioni (e non solo, per esempio, dalla periferia alcentro). Anche la c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> deve quindi favorire questidue movimenti. Ma, ancora più profondamente, deve riscoprireil valore dell’ab<strong>it</strong>are, valore antropologico fondamentale che haa che fare col senso e la social<strong>it</strong>à.Ab<strong>it</strong>are non è risiedere né soggiornare, non è occupare népresidiare, ma, come scriveva Ivan Illich, “iscrivere le proprietracce e la propria biografia nel paesaggio”. E Heideggerindividuava il tratto caratteristico dell’ab<strong>it</strong>are nell’avere cura,e scriveva che gli esseri umani ab<strong>it</strong>ano in quanto “salvano laterra”. Dove salvare non significa solo strappare a un pericolo, ma,molto di più, significa liberare.Chissà che la sfida della c<strong>it</strong>tà <strong>interetnica</strong> non ci aiuti adabbandonare l’ossessione del pericolo (nostro) per stimolarcia rigenerare l’immaginario della nostra libertà.libertàciviliPrimo Piano2011 luglio-agosto51

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