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La città interetnica - libertacivili.it

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C<strong>it</strong>tà interculturali: comun<strong>it</strong>arismo, ghettizzazione e dir<strong>it</strong>ti culturaliPrimo PianoTre concezioni diversedei modelli d’integrazione:assimilazionismo francese,“pluralismo ineguale”br<strong>it</strong>annico, “precarizzazioneist<strong>it</strong>uzionalizzata” tedescaquale tutti gli individui hanno i medesimi dir<strong>it</strong>ti e doveri esono, dunque, uguali davanti alla legge, indipendentementedalla loro etnia, confessione religiosa e dalle loro praticheculturali. <strong>La</strong> loro eventuale divers<strong>it</strong>à sotto questi aspetti attieneesclusivamente all’amb<strong>it</strong>o privato della loro esistenza 13 . In uncontesto caratterizzato da una presunta omogene<strong>it</strong>à nazionalee da un forte Stato accentrato, l’integrazione ha sempre presuppostoun’assimilazione culturale e linguistica: gli immigratidovrebbero sostanzialmente abbandonare la propria ident<strong>it</strong>àper diventare “buoni francesi” 14 .Il secondo modello rivela una concezione della societàcome “giustapposizione di comun<strong>it</strong>à etniche e culturali incompetizione, se non in confl<strong>it</strong>to, per il controllo dello Stato.[…] Le ident<strong>it</strong>à locali prevarrebbero sull’ident<strong>it</strong>à nazionale e ognicomun<strong>it</strong>à rispetterebbe in primo luogo i suoi valori particolari,rivendicando al contempo il maggior numeropossibile di dir<strong>it</strong>ti per gli individui che lacompongono. <strong>La</strong> divers<strong>it</strong>à culturale e ident<strong>it</strong>ariainvaderebbe lo spazio pubblico” 15 .In altre parole, l’idea di fondo è che gliimmigrati, indipendentemente dal loro Paesed’origine, non potrebbero mai diventare dei“buoni br<strong>it</strong>annici”. Poiché l’immigrazione,in questo contesto, è stata principalmenteil frutto di crisi di varia natura, scoppiate nei Paesi delCommonwealth, essa ha spesso assunto la fisionomia di unfenomeno non individuale ma di massa, il che ha portato altrasferimento di intere comun<strong>it</strong>à di immigrati sul suolo br<strong>it</strong>annico 16 .Infine, il terzo modello è legato al tentativo dello Stato dicontrollare strettamente il livello di integrazione delle minoranze.In Germania, almeno fino agli anni Settanta, l’immigrazione harisposto a un bisogno di manodopera in determinati settorieconomici e industriali, che, senza molte difficoltà, hannoassorb<strong>it</strong>o i lavoratori stranieri, ma la loro assimilazione culturalenon veniva considerata necessaria, dal momento si supponevafossero “osp<strong>it</strong>i”, residenti a tempo determinato, che prima o poilibertàcivili13 Cfr. M. Martiniello, Le società multietniche, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 4914 Cfr. U. Melotti, Pol<strong>it</strong>ica e migrazioni, in P. Fantozzi, A. Montanari, Pol<strong>it</strong>ica e mondoglobale. L’internazionalizzazione della v<strong>it</strong>a pol<strong>it</strong>ica e sociale, Carocci, Roma, 2008,pp.103-10515 Cfr. M. Martiniello, Le società multietniche, c<strong>it</strong>., p. 4916 Cfr. U. Melotti, Pol<strong>it</strong>ica e migrazioni, c<strong>it</strong>., p.109682011 luglio-agosto

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